mercoledì 30 novembre 2022

Silenzio !!

Congiura del Silenzio !!
 


Almanacco del giorno


U mégghie amóiche, la péisce petréute.


(Dal) migliore amico, la peggiore sassata.


Un invito a non fidarsi dei falsi amici 

da cui si possono ricevere le più grosse delusioni.



Silenzio c'è un evento da coprire

bisogna essere muti a tutti i costi,

chè l'amico non sappia l'accaduto,


un posto in meno in lista di speranza

è d'aforisma d'oggi questo il fine,

la verità nascosta sotto il velo.


Si dice amico e sempre con le mani

sopra gli occhi, orecchie e il flatus vocis.

A buon intenditor poche parole,


chi fa da sè e meglio che fidarsi

e quindi occhi aperti ed attenzione

amici veri si contano su dita,


i falsi, con ipocriti sorrisi,

rendono omaggio al loro beneficio.

Altro aforisma, quello letto ieri,


qui parliamo del nesso parentale,

più sono stretti e più ti fanno male.


Lorenzo 30.11.22

martedì 29 novembre 2022

Quadro di Stagioni !!

Quadro di Stagioni !! 


Un misto di stagioni nel Natale

ed i profumi in quadro di famiglia,

un tavoliere in legno in tavolozza,

la fatica dei nostri agricoltori.


Aratri per le terre d'assodare,

colori e poi profumi di vigilie,

farina di frumento di Lucania

e grano duro ben rimacinato,


il vino dei vigneti premurgiani,

i fichi dell'estate per vincotto,

l'olio degli uliveti della piana.


Una sinossi in anno ch'è alla fine,

un desiderio d'esistenza in Pace,

l'Attesa dell'Avvento del Signore.


Lorenzo 29.11.22

lunedì 28 novembre 2022

domenica 27 novembre 2022

La Lama !!

Lungo Lama !!
 



Sentore d'un evento al lungo lama,

un tonfo e di muraglia cade un pezzo

lasciando aperto un varco sulla strada,


che a mezza via porta a un casalino,

gradini che collegano due vie,

del borgo antico a lato d'un trappeto.


Ora dei Vespri, incontro ad un tramonto,

scende dal cielo un tempo di tempesta,

pioggia scrosciante, un cielo opaco e scuro,


chiuse finestre e porte sulla via,

un gran degrado in letto del torrente,

per ora asciutto in umido terreno.


Per la notizia in cronaca del borgo,

nel muro incontinente s'apre un varco

lasciando aperta alla nostra vista,


il ponte con la Chiesa Teresiana, 

chiara alla serie a luci dei lampioni

e testimoni d'una gran paura.


Le canne nella fossa stanno al vento,

simili a lance, coprono il Convento,

Il Crocifisso in Aula Liturgia,


Memoria di Pietà di nostre genti,

fucina qui di giovani emergenti.


Lorenzo 27.11.22

sabato 26 novembre 2022

Empatia !!

Il Binomio Empatico della personalità !!


 Arìa nètte nan pigghià paghiure 


nè de re tròner né de re saiètte.


Chi ha la coscienza tranquilla non teme nulla.


Aforisma per uomini del borgo

che hanno il nulla per aver paura

per l’ onesto cammino in loro vita,

non possono temer fulmini e tuoni


che giove pluvio può mandare in luogo.

Possono andare fieri per la via,

a testa alta e gli occhi in empatia,

capacità d'esporsi in immediato


col patrimonio d’intima ragione,

nell’animo e nella situazione

dell’altro uomo che gli sta  vicino.


Tutto il contrario invece  e contapposto,

semina il vento coglierai tempesta

e la sostanza tutta in cartapesta.


Lorenzo 26.11.22


venerdì 25 novembre 2022

25 Novembre !!

Santa Caterina 

Caravaggio

Fonte Wikipedia


Sànta Catarìne, la nàive a la spìne


A Santa Caterina, la neve sulla spina



E' Caterina 

la Santa della neve 

pronta a cadere


sui monti e nelle valli

è tempo dell'Avvento 


Lorenzo 25.11.22

giovedì 24 novembre 2022

Silenzio !!

                                                    Silenzio tra gli ulivi !!


                                                               


La mégghia paròule jè chère ca nan se dóice.


La parola migliore è quella che non si dice.

 

E' un invito ad esimersi dall'esprimere giudizi 

o opinioni in particolari circostanze, 

perché potrebbero risultare inesatti e fuori luogo.



Saper apprezzare il Silenzio


Saper ascoltare il Silenzio


Saper vivere il Silenzio


non come un peso


nè come un vuoto



Silenzio


Miglior parola quella che non parla,

conserva il fiato per il necessario,

parola pronunciar non sia mai,


quindi, evitar di spendere giudizi,

perché inesatti possono apparire

e fuori il seminato il loro andare.


Verbi di ciarlatani ed indovini

potrebbero sembrar solo magie,

parole vane quelle ed insensate


non pronunciar giammai, non si sa mai,

sante parole devi pronunciare,

parola giusta e parola vera,


perché quella ch’è detta verso sera

Il vento se la porta la mattina,

mentre il silenzio evita dei guai.


Riguardo agli imbroglioni ed impostori,

che dicono parole col sorriso,

rispondi col sorriso e noncuranza.


Si vende a buon mercato merce propria,

può risultare invece roba impropria


Lorenzo 24.11.22

mercoledì 23 novembre 2022

Pensiero !!

Pensiero !!
 


Ci jéie a u vèire ca u mùnne aggiòire, da dòue avà passà chéuse.


Se è vero che il mondo gira, (prima o poi) di qua deve passare casa (mia).

 

E' un'espressione attribuita ad una persona che, 

incapace di tornare a casa, ritiene più comodo attendere 

che la stessa lo raggiunga! 

Aforisma diffuso nel XX secolo da un famoso "maestro del pensiero",

detto Cìccio.



Se è vero che la terra gira in tondo,

secondo la teoria copernicana,

il sole al centro, i pianeti intorno, 


è anche vero che la casa mia

deve arrivare in  forza nei miei pressi.

Non ce la faccio più a camminare,


per cui aspetto qui il suo passaggio,

comodo attendo ch’essa mi raggiunga,

così pensava il nostro caro Ciccio


e fu un pensiero della mente sua,

teoria del saggio pensatore,

ed attendeva che la sua dimora


passasse accanto a lui a porta aperta,

lei, con la forza della bell’idea,

non può che assecondare il mio intelletto.


Aspetto qui con un bicchier novello,

ho preso da cantina il moscatello.


Lorenzo 23.11.22


martedì 22 novembre 2022

Mulino

Asino per mulino


 U cavàdde de la paréute vè a 'mbróje a u melóine.


Il cavallo della parata (che ha vissuto esclusivamente nei fasti) 

va a morire al mulino, a far girare la molazza per la farina.



Principe del mulino l’asinello,

nella grotta scaldò il Bambinello

col caldo fiato, nella mangiatoia,


col bue che il peso della terra

sente addosso, davanti con l’aratro

traccia i solchi dell’umida campagna.


Adesso diamo spazio all’argomento,

di far girar la pietra  per farina,

la Storia è testimone in circostanza,


anche i romani facevano il pane,

valendosi pur d’opera di dame

e la farina a piccole famiglie 


con macina rotante a spinta umana,

con forza delle braccia di persona.

Ma poi coi panifici e il latifondo


l’urgenza del cereale fu più grande,

pertanto, l’uomo col suo grande ingegno,

chiese l’aiuto d’umile asinello


oppure a un cavallo decaduto,

d’uffici prestigiosi del passato.

E l’asino di mola che girava


legato al braccio in legno come giogo

la macina inferiore a fondo fisso,

la cosiddetta vasca di raccolta, 


chicchi del grano posti nella stessa

e macinati  con pietra rotante;

l’asino fa il giro su quel cerchio


legato al braccio; e il palo verticale

bloccato con congegni ed artifizi,

ruotante in tondo assieme all’asinello.


Macina fissa, bene articolata,

con muro orlato posto tutt’intorno

per evitar di chicchi dispersione


del grano macinato per farina,

e anche drupe d’alberi d’ulivi,

Si usa pur per macinar legumi


e frantumar cicerchie per foraggio,

l’asino gira mite e gran coraggio.


Lorenzo 22.11.22

lunedì 21 novembre 2022

Campane in Festa !!

 Campane in Festa !!


Dall'Obelisco un suono di campane,

i bronzi del Santuario sono in festa,

Inno di Gloria, il Segno in ora media,


diciotto di novembre, quasi Avvento,

nel borgo della piana degli ulivi,

il Vento dello Spirito si posa.


Mi pongo una domanda, quivi Evento,

sui portali s'espande il lieto annuncio,

d'un novello Pastore nel reatino.


Nel centro della nostra cara Italia,

in pendici del monte Terminillo

d'umide sponde del fiume Velino,


quadrivio di Santuari e di Beati,

profumo di primizia d'una Grotta,

dove si pose Stella del Natale.


Una città, progenie Rea Silvia,

la madre dei gemelli della lupa.

Mi Perdoni, se scrivo il lieto Evento,


di Buon Cammino, l'augurio, Don Vito,

a Benedirmi Spirito, l'invito.


Lorenzo 21.11.22

domenica 20 novembre 2022

Antiaris Toxicaria

Fonte Wikipedia
di James William,
l'albero velenoso di Giava
con il fiore della raflessia 
pianta parassita.


U àrve du velèine !!


L’albero del veleno  !!



Si dice di persona ch'è frustrata

s'avventa con spasmodica veemenza,

è contro tutto e tutti irriverente

ed il veleno inietta con la lingua.


L'albero in realtà pieno di fiele,

nel tronco, nella linfa, foglie e frutti,

legando il condannato alla colonna

tanto da impregnarsi di veleno,


oppure quei viandanti a refrigerio,

cercano lì riparo alle sue fronde,

all'ombra dei suoi rami come ombrello,


riposano in eterno lì attirati,

coppati dal rancore, lì disfatti,

quaranta metri alto, il velenoso.



Lorenzo 20.11.22

sabato 19 novembre 2022

Un Tempo ...

Angolo del Borgo Antico 


 Jìnde a chéuse sóime cìnghe fréute e quàtte cammóise.


In casa siamo in cinque fratelli e abbiamo (solo) quattro camicie.



Un aforisma spiega l'indigenza

che un tempo si viveva nel paese

e si campava in case poco sane,


sotto il cielo, lassù nella soffitta,

oppur nei bassi in uso dei palazzi,

anguste celle umide e malsane.


Nel borgo antico strade un poco strette

e s'abitava insieme in un sottano,

quel casalino unisce ben due strade,


una bretella coi sottani accanto

abbreviante il cammino tra le vie,  

la serie di gradini larghi un tanto,


nei pressi dei due ponti della lama,

una fontana ai piedi della rampa,

di scalinata in pietra lastricata,


dove d'estate stringeva la gente,

con le brocche di coccio da riempire,

per la mancanza d'acqua nelle case.


Ed ora raccontiamo il nostro detto,

che i nonni ricordavano agli infanti,

seduti intorno al fuoco nell'inverno,


che a loro volta avevan ricevuto,

dalla progenie loro antecedente,

dai nonni, dai bisnonni, i tataranni,


per segnalar la povertà che un tempo

stringeva le famiglie d'indigenti,

tanta prole, dono di Provvidenza.


In una porta dopo la salita,

dimora d'una povera famiglia, 

in indigenza, degna nel bisogno,


uno stanzone grande con tramezzo

d'un panno di campagna ripulito,

formava le due stanze, il focolare;


in fondo a quella stanza i due congiunti,

avanti un letto grande per i figli

e un angolo cottura per il fuoco.


La sveglia la mattina con il gallo, 

il padre pronto a vendere le braccia, 

nella campagna d'uliveti intorno


e i cinque figli a disputar vestiti,

soltanto una quaterna di camicie,

all'ultimo soltanto una canotta.


S'andava per botteghe ad imparare

l'arte che i generosi e bravi artieri

insegnavano a quattro dei fratelli,


il padre contadino, gran maestro,

lo scalpellino, a far parlar la pietra,

il fabbro con il ferro da forgiare,


il quarto, l'ebanista bel mestiere,

andava dal maestro Nicolino

e l'ultimo, in mente grande ingegno,


sedeva in classe in banchi della scuola,

coi gradi d'istruzione fino in vetta,

per divenire, un giorno, gran dottore.


E qui sta tutto il segno di morale,

chi vuole i lampascioni deve andare

in alta murgia e lì sempre scavare.


Ed il torrente, ogni tanto, scorre, 

infine al canalone, in quella fossa

portando seco pur terra rimossa. 


Vita vissuta, un sogno di ricordi,

ma al giorno d'oggi questo sogno scordi.


Lorenzo 19. 11.22  

venerdì 18 novembre 2022

Era un Convento ...

Convento 
 


Ricordo quel Convento Cappuccini,

ricovero d'anziani pensionati,

ero fanciullo e in fila sulla via,


s'andava nelle feste comandate

con la Parrocchia mia seconda casa,

indove alla dottrina s'imparava


l'Amore per fratelli sbbandonati.

Su quella via ancora una fontana,

si racconta d'un figlio assai ingrato,


portò ai Cappuccini il proprio padre

e per stanchezza si fermò alla fonte,

mentre il vecchietto al gesto rammentava


che proprio lì, passati cinquant'anni,

fermò i propri passi con il padre,

destino uguale a quello ora presente,


tatà, il nonno di figliolo ingrato.

Sembra leggenda oppur discernimento,

tant'è che il figlio, in ansia del momento,


cambiò i propri passi verso casa,

al posto del Convento ormai vicino.

Ora torniamo indietro e raccontiamo


la visita dei Vecchi Cappuccini,

ora c'è via proprio dedicata

e lì s'entrava silenziosi, in fila.


S'andava nella sala del convivio,

dei francescani, un tempo, refettorio,

un quadro ovale posto su parete,


d'Ultima Cena la testimonianza.

Contenti quei vecchietti nell'attesa,

richiamo alla memoria i loro nomi.


E portavamo loro dei bei doni,

era Natale, allora si sentiva,

si recitavano anche poesie,


a scuola s'era solito impararle;

ed un giardino in retro del Convento,

nell'orto si coltivano verdure. 


Sto qui a raccontare i tempi andati,

non tornano mai più, ma tanto amati.


Lorenzo 18.11.22

giovedì 17 novembre 2022

Attenti al lupo !!

Attenti al lupo !!


 Ghiànghe leva vìzie !!


Solo il sepolcro toglie i vizi !!


U lùpe ca de càrne mèje se sàzie,

u pìle pòte cangià ma non u vìzìe !!



Dice un proverbio saggio nel mio borgo,

il lupo che di carne mai si sazia,

il pelo può cambiar ma non il vizio,


d'andare per la murgia a devastare

gli jazzi delle greggi degli ovini. 

Naturalmente, il furbo, sceglie sempre,


gli ultimi e indifesi per sue prede,

la carne dei più teneri agnellini,

e quest'appello è rivolto all'uomo.


Attenti ai truffatori degli anziani

si spacciano d'Enti Pubblici preposti,

gli addetti, per entrare nelle case,


per visionar le solite bollette,

intanto, volgendo sguardo intorno,

riescono ad aprire il loro scrigno,


e chi più ha, ne metta ancora in conto,

notizie date da televisione,

parliamo di specchietti sulle strade


e quelli che di notte fanno scempio,

invece di dormir com'è d'usanza,

si recano in campagna a depredare


gli alberi dei frutti di stagione,

poveretto chi cade al vil tranello,

quando si reca al campo con i panni,


trova spogliati gli alberi d'un anno.

I ladri e i manigoldi mette Dante

nel canto ventiquattro dell'Inferno


dove per contrappasso segue il detto,

le serpi dell'inferno legan mani

dietro la schiena e divenire serpi


anch'essi, come pena al lor peccato,

settima bolgia dell'ottavo cerchio.

"... Vita bestial mi piacque e non umana,"


avverte il Nostro Sommo nei suoi versi,

e per i ladri serba questa pena,

correre nudi in tana di serpenti.


E non di meno sono i dispettosi,

nei condomìni sempre irrispettosi.


Lorenzo 17.11.22


mercoledì 16 novembre 2022

Arrosto alla brace !!

Zampina
 


A u arrùste, a u arrùste! A mangéue te vèine u gùste!


All'arrosto all'arrosto! A mangiare ti viene il gusto!



Grido di propaganda del beccaio,

gustosa e succulenta la zampina,

un nome variegato per regione,


luganega, salsiccia, salamella,

ma la sostanza cambia per nonnulla

d'odori o di profumi per sapori.


La storia ci racconta la sua culla,

in terra di Lucania la sua fonte,

e già 'timologia della parola


ci dice la sua origine di gloria,

cambiando l'etichetta si trasforma

lucanica, terra di boschi sacri.


Così attingi intingolo tritato,

di carni di porcello e di vitello.

Altre regioni s'appellano al primato


del misto di tritato delle carni

dei nostri, ben pasciuti ed accoppati,

conditi e insaporiti con le spezie,


il sale quanto basta, il vino rosso

per dare un buon profumo di vitigno

il pepe ed un rosso peperone,


piccolo in canna, mignolo e piccante,

brigante d'un ortaggio, mette il fuoco

a bocca e al palato se l'assaggi.


Son vari i verbi per chiamar l'intreccio,

di carni e spezie varie nel budello

pulito, rivoltato e ben lavato,


un rotolo di carne cotta in brace

un gusto a cielo aperto nei profumi,

un angolo di storia nei paesi,


con la salsiccia cotta sulle braci,

per ogni sagra s'usa questa usanza

grandi bracieri, in letto di carboni


ardenti con graticola ripiena.

Le feste di paese il luogo adatto,

bruschette, pomodori ed olio buono,


gustando la salsiccia nel panino,

e poi bevendo un buon bicchier di vino.


Lorenzo 16.11.22

martedì 15 novembre 2022

Convivio

 

Taverna


La tàvue de re checchìre


La tavola dei cocchieri



La vita dei cocchieri è faticosa,

da mane a sera vanno per le strade

delle città a trasportare merci,


oppure impegno d'alto e grande onore,

condurre la carrozza di regnanti,

ma qui per nulla sta al nostro caso,


il detto si rivolge ad altro rango,

del desco dei cocchieri quando a sera,

si trovano in convivio con compagni,


dopo fatica di dura giornata.

Diventano colleghi di brigata,

nel luogo più adatto nel bisogno,


è naturale il campo di ristoro,

non è di quelli d'uno chef stellato,

ma una taverna leggasi osteria


l'odierna trattoria dei camionisti,

ritrovo d'amicizia e di riposo. 

Ma ben si sa, cocchieri poco fini


d'educazione e di maniere buone,

quindi quel luogo è come una babele,

diviene un campo d'infima alleanza


s'evince dal disegno il luogo detto,

presso la mensa ci si lascia andare

si parla ad ad alta voce, si bestemmia


per non parlare delle impertinenze.

immaginate un po' l'irriverenze,

dei linguaggi del corpo e le espressioni.


Per nulla costumati a educazione

si siedono alla mensa con gran sgarbo

mangiando un mappazzone a pastasciutta


condita con il sugo della trippa,

e per secondo intingolo di detta,

non dando la creanza a impiattamento.


Una forchetta piena di sostanza,

nella tavola poco raffinata.

Sbuffa il cocchiere sotto i suoi baffoni,


inclina il capo e schiaccia un pisolino.

Naturalmente è il detto che mi spinge,

a dire queste cose in confidenza,


peraltro ci son quelli che il rispetto 

lo usano senz'altro e senza indugio,

d'incontri di convivio alla cantina.


La vita del cocchiere è gran fatica,

si sta insieme in brigata amica.


Lorenzo 15.11.22


lunedì 14 novembre 2022

Piazza Grande

 Piazza Grande

La chiàzza grànne


La piazza grande



Piazza grande, bianca di luce e case, 

intorno c'è la Chiesa ed un portone,

sono cent'anni, era orfanotrofio


degli orfanelli della grande guerra,

v'era mia madre giovane fanciulla,

finquando strale le lanciò Cupido,


lorquando la colpì l'amato sposo

e mutuando fuori campo il tempo,

la stirpe continuò d'esserci ancora.


Un monumento a grande musicista,

del melodramma artefice eccellente,

ora sepolto in cripta in Cattedrale, 


ivi traslato in marzo d'anno ottanta,

da Chiesa di laguna Ospedaletto

situata nel Sestiere di Castello.


Mattoni grigi in ampio marciapiedi

e la circondano alberi di lecci

con folta chioma ed ombra che ripara,


dal sole dell'estate assai cocente.

Piccolo bosco al centro del mio borgo,

dove al vespro si disputano uccelletti,


i primi che si svegliano al mattino,

per svolazzare in campi degli ulivi

e più vicino in fondi d'ortolani,


eppure quando piove sono ombrelli

e i contadini stanno ad aspettare

una promessa di fatica ai campi


dal comprator di ricco possidente,

per il lavoro di braccianti ad ore.

Al vespro dell'autunno per raccolta


alla distesa d'uliveti pieni

ed in estate per la mietitura

di grano di Lucania o Tavoliere.


Son uomini avviliti, spesso smunti,

in bocca un'alfa, una sigaretta

già preparata con cartina presa


nella bottega dei tabacchi e sale.

Stazionano sul prato di mattoni

in gruppi di preghiere o di lamenti


per cielo che non piove o cade male,

nel tempo che non serve alla campagna.

Ora non più i tempi dell'attesa,


per compagnia un telefonino

che squilla e chiama per miglior fortuna.

In quella piazza grande c'era un tempo,


nei giorni della festa ai nostri Santi,

un luna park prendeva quello spazio

con macchine da scontro e baracconi


di tiro a segno un colpo ad un pacchetto

di wafer al cioccolato già gustato.

Il tempo delle olive quello giusto,


per ricordare in tutto quegli eventi,

nostalgica visione del passato

e le vendemmie fatte alle matine


col mosto per novello a San Martino.

Mi piace ricordare il tempo andato,

il mese di novembre d'Ognissanti


i fiori e i lumi in tutti i Camposanti

ed il Cammino in Luce al Cimitero,

lungo i viali dei tumuli d'estinti,


il tempo dell'Avvento, grande evento,

l'attesa del Bambino nella Grotta,

con le vigilie fatte di digiuni,


lampade accese sui balconi in strade

e a preparar presepi nelle case,

profumi di trappeti e cartellate 


e a ritemprar pensiero in esercizio,

seduto a meditar testimonianze,

per Respiro del Tempo, la Poesia.

 

Oh, cara Piazza Grande del mio borgo,

ricordo l'esercizio ruvestino

e il magazzino di tessuti, estinto. 


più in là, nel giardinetto a pochi passi

grande negozio, un segno di famiglia,

il sito che non scordo dello zio.


E questo il tempo che mi sta più a cuore,

la casa ancor presente del mio Amore.


Lorenzo 14.11.22

domenica 13 novembre 2022

Memoria

Sacrario



 Sempre rimetto i passi al Camposanto,

fin da fanciullo, non scordo la giornata,

varcai la soglia in Atrio degli Eroi


per ritrovare il tumulo di Madre.

Nel Cimitero aperto, i monumenti,

colonne di Memoria ai combattenti,


i giovani Ufficiali ed i Soldati

fanno corona, al centro c'è il Sacrario

dove riposa il Padre di Nutrice.


Nel viale a destra fila di cipressi,

non scordo un epitaffio su quel muro

"Qui racchiudo la ruina d'un sogno"


era il pensiero dell'amato padre

o il testamento eredità d'estinto

su quella tomba, ormai, ora rimossa,


per sogno della vita già passata.

Ma, Resurrexit, leggo sul portale

che invita all'auspicio di un ritorno,


la Fede che ci accosta alla speranza,

Teologia di consolazione.

La Vita oltre la morte non è tolta,


esiste ancora in altra dimensione

e vede il Volto dell'Onnipotente.

Ora sei Vento, Pioggia e Sole ardente,


il Vento dello Spirito che aleggia,

la Pioggia delle lacrime rimosse,

il Sole ardente della Vita Eterna.


Sei Fuoco che ci avvolge e ci riscalda,

Sei nella stanza accanto dei tuoi cari,

Sei nella mente acchè il tuo pensiero


fuggire non potrà dall'intelletto,

sempre sarai Angelo Benedetto.


Lorenzo 13.11.22

sabato 12 novembre 2022

Alloro

Alloro


Re mìire bbùn nan vòule frasche.


Il vino buono non ha bisogno della frasca. 


(La frasca, di carrubo o di alloro, 

esposta era insegna di vendita del vino)



La mescita del vino di stagione

quello di casa e qualche botte ancora

ed il padron d'alloggio vi metteva


un ramo dell'alloro chè passante

sapesse c'era vendita di vino,

del buon rosato frutto del suo fondo


o di bianchetto o dolce moscatello,

i frutti della vigna alle matine,

anche se il detto avverte l'avventore


che il vino buono esclude indicazione

di alcun segnale posto sul portale.

In altra circostanza quell'alloro


costringe il fortunato di seduta,

al termine di studi d'ateneo

fregiandosi l'intreccio in ramoscelli,


posando sulla testa verde chioma,

testata di trionfo ed alto onore

e per futuro ancora ad majora,


comunque, altri riscontri per l'arbusto,

lontani scaccia spiriti del male

e disincanti vari d'ogni uomo.


Ripeto ancora adesso, non c'è frasca

per vino buono non alcuna bacca.


Lorenzo 12.11.22

venerdì 11 novembre 2022

A San Martino ...

Estate di San Martino
 


A Sànde Martìne oggnè mùste devènde mìire.


A San Martino ogni mosto diventa vino.



Secondo tradizione il buon novello

è pronto nell'estate a San Martino, 

del Sant'Uomo racconta la leggenda,


in notte di bufera ed intemperie,

tornando alla dimora un poco brillo,

passò il tempo dentro alla cantina,


protetto in una nicchia da una botte,

per non recar disturbo alla consorte

che in casa era pronta a partorire.


Ma nel mattino presto fu trovato,

fuggito dalla vita a quella eterna,

con nella bocca una radice d'uva,


che diveniva vino nella botte,

per grazia ricevuta, sempre piena.

E' Santo protettore d'infelici


consorti di famiglie litigiose

e d'osterie, tante nel mio borgo

perdute nella notte di quei tempi,


cantine sempre aperte ai buontemponi,

per un bicchier di rosso di matine.

Ricordo quella avanti al galleria


il cinema con due film ed un panino

con la gazzosa, presi al botteghino,

le cantine di nobili casati,


perpiù locate al centro del paese,

mescite sempre aperte al piano strada.

S'andava con bottiglia da riempire,


un litro di rosato per il desco

e ritornava a casa il buon Gioacchino,

nei pressi del burrone della lama.


Vino nostrano è pronto per dicembre,

perchè ancora acerbo nel novembre.


Lorenzo 11.11.22 


giovedì 10 novembre 2022

In Cammino

 In Cammino


Apostoli in ricerca della Vetta,

in Movimento assieme a degli amici,

età non c'è per soddisfare il sogno

è quello che ci prende e ci consola,


auspicio ed un invito in Comunione,

ci aiuta a sostenere l'empatia,

Io Noi insieme unica ragione,

per definire un'altra dimensione,


un altro mondo d'Esserci e Vedere

con le virtù dei cardini di vita.

Comunità vuol dire stare insieme,


per essere per esserci in cammino,

con gli occhi fissi verso l'orizzonte,

per non illuderci in false visioni.


Lorenzo 10.11.22

mercoledì 9 novembre 2022

A futura memoria

Tasche vuote 


U tavìute n'an tèine pàlte.


La bara non ha tasche.



Detto per gli ingordi, per ricordare 

che quando si muore, si lasciano tutti 

gli averi accumulati.




E voi che v'affannate e vi rodete

fate memoria di grande verità,

quell'orcio ha tasche vuote sulla pancia,

ricevere non può alcun denaro,


di vili conti in banca d'accudire,

oppure monili in oro e proprietà.

E dice un saggio uomo che conosco

che l'urna non ha sacche da riempire,


soltanto un buon ricordo per viventi,

se in vita ha fatto bene il suo operato,

con lui soltanto sta la sua coscienza,


la libertà di scelta fatta in vita,

libero arbitrio il bene e il male fatto

sotto la terra svanisce vanità.


Lorenzo 9.11.22

martedì 8 novembre 2022

Le orecchiette

Le orecchiette


 Assedìute au tavelìire stràzze màasse Iannasante!


Seduta al tavoliere rimena l'impasto Annasanta!


Tratto da La campana di S. Pietro in castro, in Re Cambèune ..  

pag. 34, del Poeta Giuseppe Moretti.



Ricordo Crocifissa in tempo scorso,

seduta al tavoliere a rimenare

l'impasto di farina in grano duro,


non parlo della piana del foggiano,

bensì d'asse di legno con tre sponde,

ove si stende e s'assottiglia pasta, 


per preparare il pane o le orecchiette.

Zia Crocifissa preparava impasto,

per rimpinguare il misero salario,


del suo consorte un uomo di campagna,

uno dei tanti che in tempo di raccolta,

andava fuori terra a mieter grano


e quindi, poveretta, s'industriava 

a fare quelle tipiche orecchiette.

Mi ha dato ispirazione un Gran Poeta


cantore di campane del mio borgo,

vita vissuta nelle strette vie, 

e di prodotti fatti da massaie


e tutte s'aiutavano, sorelle

prestandosi pure lievito madre

per fare il pane per la settimana.


Ordunque, qui parliamo di figura

dipinta su quel piano sopra esposto

e qui m'accingo a fare le orecchiette,


un tipico prodotto fatto in casa,

un vanto di cucina in nostre parti,

la pasta fresca fatta con farina


di grano duro in più rimacinato,

lavoro rigoroso fatto a mano,

piccola forma concava e convessa,


se la giriamo in mano per l'opposto.

Sono perfette cotte con le rape,

le cime di cocevola prodotte


o con il sugo d'un ottimo ragù,

per preparare un piatto succulento.

Versare la farina in tavoliere,


formando una fontana, come visto,

un pizzico di sale, quanto basta

ed acqua di fontana un po' alla volta,


versata in fontanella di farina, 

intanto con le dita incorporare

fintanto che s'amalgami quel grano,


per impastare a palla la farina

e con le mani lavorarla a straccio

in modo che si sfili come detto,


col palmo della mano con la forza,

tenendo ferma il resto con quell'altra.

Dieci minuti di lavorazione,


impasto fatto a palla amalgamata,

intanto che riposi in canovaccio.

Il tempo, un intervallo di rintocchi


dell'orologio posto in piazza grande,

tagliare un pezzettino dell'impasto,

formare un filoncino quanto basta 


e quindi, ricavare dei pezzetti

con il coltello dalla liscia lama

formando conchigliette trascinando,


ciascun pezzetto verso il proprio petto,

e l'etimologia della parola

è qui spiegata, ecco strascinati.


Girare le conchiglie su se stesse

così formate le vostre orecchiette,

lasciando quelle un poco a riposare,


coperte con un panno bene asciutto,

quindi versate il tutto nel bollore

e cucinate con l'ottimo ragù.


in tavola portate ed impiattate,

son pronte per il pranzo e poi gustate.


Lorenzo 8.11.22

lunedì 7 novembre 2022

L'uomo

Fiori


 "Più conosco l'uomo 

e più amo le bestie"



La frase detta antichi pensatori,

in riflessioni, voci d'altri tempi.

Il mese di novembre ai cimiteri


è carico di fiori e di lumini

ai simulacri dedicati a estinti,

con volti sempre lieti e sorridenti,


amanti di lavoro e di famiglia.

E' proprio opposto l'uomo che conosco

regala fiori ai morti e ignora i vivi. 


Senza parlarsi in lustri già passati,

quando si muore dedica con fiori,

rose e gardenie, mille crisantemi,


per anni sconosciuti e poi d'incanto,

di stare accanto a estinto in una veglia, 

per ore, un giorno intero senza sosta.


Si disconosce oppure non saluta,

ma si dispera e piange quando muore.

La cosa più preziosa sembra morte,


non s'interessa in vita del vivente

è quella d'oltre tomba che s'intende,

pensier mi stringe solo l'interesse.


E' questo l'uomo, amico mio vicino,

penso l'assioma e accendo un lumicino.


Lorenzo 7.11.22

domenica 6 novembre 2022

L'aratro

 Fondazione di Roma


N'aratizze jèje n'acqua mèine


Un'aratura equivale ad un pioggia



Ed oggi giove pluvio si diverte,

la pioggia bagna ed ara i nostri campi,

togliendo il suo dovere al sacro aratro.


Primo a parlare di questo strumento

il mito tra la storia e tradizioni

d'antica Grecia e origini dell'Urbe,


l'aratro lascia il segno in tutti i campi,

dispiace per trattore col motore,

mentre il nostro ha l'anima nel cuore,


non s'alza in cima come i potatori,

ma vola in basso, lavora in umiltà,

per rompere la terra e le sue zolle.


Due elementi attraggono il pensiero,

mi sembra di tornare alle lezioni

d'amore del sapere e di dottrina


teoretica e poligono speciale,

triangolo husserliano ho in memoria,

tra le categorie a nostra storia


e precategoriale ultima meta.

Triangolo perfetto e lineare

avanti i buoi in mezzo lo strumento,


indietro l'uomo intento a governare,

quell'equilibrio delle parti in gioco.

Parliamo adesso di coltivazioni,


le principali fatte nella zona

e parlo dell'ulivo tanto amato,

i tempi d'aratura in mesi d'anno


e a gennaio il primo impegno assunto,

intento a dissodar dopo raccolta,

a marzo ad assolcare per fornire


ossigeno al terreno tra quei solchi,

a maggio, quando è tempo delle rose,

estirpa la gramigna dalla terra


come in estate quando il sole brucia,

mentre a settembre in tempo di vendemmia

ara il terreno secco per calura.


Un'aratura è pari ad una pioggia,

nei detti d'uomo in regole morali,

come il tirare dritto per la via.


Ed il protagonista della storia

è il tra dell'uomo e il genere animale,

complessità, specifico settore,


come la storia d'antiche civiltà,

sempre l'aratro in segno d'ambizione

in Grecia antica quella d'Odisseo,


oppure a noi vicina fondazione 

di Roma città eterna e capitale,

per definire l'Urbe tanto cara


Romolo con l'aratro fece un solco,

perimetro sul colle Palatino

giurando la difesa all'invasore,


di quel sacro confine lì tracciato.

Infine c'è, secondo tradizione,

il viatico d'aratro sotto il letto,


dei moribondi allieva l'agonia

e la fatica in mistica elegia.


Lorenzo 6.11.22

sabato 5 novembre 2022

Tempo d'estate

Mandorle


 Càzze màmme, ca re ppéune jè pìcche.


Schiaccia mamma, perchè il pane è poco.


E' la supplica di un figlio affamato alla propria mamma, 

impegnata nel lavoro di sgusciatura delle mandorle,

per assicurare un po’ di pane in più ai propri figli.




Ricordi di fanciullo ed era allora,

quando d'estate si svolgeva il rito

della raccolta in campi dei padroni


di mandorle da mettere nei sacchi,

raccolte in grandi mucchi in tavolate,

negli androni di nobili casati


oppure sulla strada presso l'uscio,

quando la proprietà era minuta.

Il compratore dei raccolti ricchi


sbrigava la faccenda del lavoro,

prendendo ad ore mogli dei braccianti

che s'offrivano a tale convenienza..


In quel tempo il pane, mai sufficiente,

per sfamare famiglia numerosa

ed il figlio pregava la sua mamma


a prendere in misura quel lavoro,

per guadagnare un poco di tornesi 

e soddisfare, quindi, la sua fame


e rivolgeva a madre la preghiera

di sbucciare il mallo di quei frutti.

Lungo il cammino, comare curiosava


e domandava a frettolosa serva,

dove recasse i passi in buon mattino

e rispondeva, pronta, la signora,


vado a sbucciar le mandorle per figli

e soddisfar così la loro fame.

In fretta bisognava far travaglio,


da mane a sera e piccolo intervallo.

Mandorle nette, quindi, ben distese,

sui panni in strada oppure sui terrazzi


ad asciugare al sole dell'estate

e venderle a sansaro, il più onesto

ch'offriva il prezzo giusto e conveniente.


Ora quel rito è solo un bel ricordo,

s'approntano le macchine al riguardo.


Lorenzo 5.11.22


venerdì 4 novembre 2022

Orologio

Porta Baresana 


 U'arlògge de mènze à la pòrte


L'orologio in mezzo alla porta


Porta a levante aperta verso il mare,

un orologio dalla doppia vista

due occhi grigi, lividi, ghiacciati,

questo di giorno, rossi nella sera,


a luci accese verso l'imbrunire.

Due piazze complanari ai due quadranti,

si sente una campana martellare

un suono sordo, al tempo, tutti i quarti.


Clessidra, inesorabile, patteggia,

mentre lassù in cima a quella porta,

il Volto di Maria s'intuisce,


chè è assai lontano ai nostri occhi.

E' bello e sorridente e benedice,

mentre protegge il popolo credente.


Lorenzo 4.11.22

giovedì 3 novembre 2022

Memoria

La Colva 


 Oggi si fa memoria a un Caro Estinto,

amò la Giustizia e la Fratellanza

Universale, il bene d'ogni uomo.


Siamo in novembre al tempo dei defunti,

un po' più in là al giorno d'Ognissanti,

quando nelle famiglie del mio borgo


preparano la colva per ossequio 

ai cari estinti in propria discendenza,

per ricordare lotta sostenuta


dai Cristiani contro imperatore,

mangiando la pietanza in penitenza.

E gli ingredienti i soliti, al bisogno,


il grano cotto è pronto il giorno innanzi,

gherigli delle noci di stagione

i chicchi d'uva bianca in abbondanza,


quindi, granelli della cioccolata,

vincotto ed un profumo di cannella,

la buccia grattuggiata di limone,


presa in giardino a provvido vicino,

il latte e sale fino, quanto basta,

e il buon procedimento qui s'accosta.


Cuocere il grano con un po' di latte,

un pizzico di sale col limone,

la buccia per composto di profumo,


noci a pezzetti con la cioccolata

ed uva bianca priva di semini.


I chicchi rossi della melagrana, 

con la miscela in coccio del vasaio,

condito il tutto con il vino cotto,


dei fichi dell'estate in altro rito,

e conservato in vetro ben tappato.

Quindi, si gira il tutto col cucchiaio,


questo di legno, attenti, un poco grande

per mescolar miscela d'ingredienti


e poi servire in singole porzioni,

con la famiglia attorno a sacre effigi

di propri Cari vivi in altro mondo.


Son simboli di vita oltre la morte,

si parla di mistero e simbolismo,

ogni ingrediente, il suo significato.


Il grano cotto il simbolo d'estinto,

e l'uva bianca l'anima traslata,

ricorda il melograno luce d'occhi


le noci rimembranza d'ossa sacre

ed il vincotto forma il loro sangue,

il cioccolato, fertile esperienza,


di vita in terra lungo il suo cammino.

Quindi, al palato il gusto del piacere, 

della famiglia tutta qui riunita.


La gioia della vita e i suoi profumi

che si motiva con gli accesi lumi.


Lorenzo 3.11.22

mercoledì 2 novembre 2022

Il gioco della patessa

Il gioco della patessa
 


Ricordo il gioco detto la patessa,

con i noccioli interni d'albicocche,

d'estate soprattutto si faceva


quando per scuola chiusa era vacanza. 

Questo trastullo, intanto, consisteva

nel mettere i noccioli sotto il muro


in fila posti come soldatini,

portati in strada in scatole serbate

ch'ogni fanciullo attento riponeva


per non andar perduti in immondizia.

Dalla figura notasi i vestiti

i pantaloni corti alle ginocchia,


una maglietta al filo della scozia

e calzettini corti nelle scarpe.

Il gioco si poneva in tal misura,


nel tiro a turno di due contendenti

o tre peraltro fila era più lunga,

cinque o sei marme ognuno per contesa.


E la misura spiego della marma, 

se ben ricordo oppur mi correggete,

quattro noccioli il mucchio della marma,


e poi patessa detta d'un nocciolo

più grosso e più panciuto posseduto

tale che al tiro fatto contro il muro,


potesse romper fila dei noccioli, 

riposti in riga d'abili fanciulli.

Egual misura per le parti in gioco,


il vincitore era il giocatore 

che riusciva a rompere la fila

tanto che il resto posto alla sua destra,


veniva preso in carico al vincente

che riponeva il tutto nel sacchetto, 

vendendoli al mercato alla bisogna.


I semi sono dolci e saporiti,

per medicine sono molto ambiti.


Lorenzo 2.11.22

martedì 1 novembre 2022

Raccolta delle olive

 Raccolta delle olive


Arrevàte tùtte re Sàndre, 

tànde la négre e tànde la biànghe.


Arrivata la festività di tutti i Santi 

com'è (l'oliva) nera così è la bianca.


Con l'avvento di novembre tutte le olive, 

sia le bianche che le nere, 

sono pronte per essere raccolte.



Ognissanti si pensa alla raccolta

di drupe già mature o un poco verdi

e d'uliveti carichi d'olive


si gode a ben vedere gran distesa,

in verdeggiante piana degli ulivi,

dal mare fino a fertili matine,


la terra di vigneti e cereali,

bellaveduta che lambisce i sassi.

Si parte di buon'ora per i campi,


ora raggiunti in fretta coi trattori

o altri mezzi di locomozione,

quindi, si pensa a spogliar gli ulivi,


son spenti i focherelli d'altri tempi

a riscaldar le membra intirizzite,

quando si raggiungevano coi carri


i campi ancora scuri degli ulivi.

Distendono dei panni sotto i tronchi

dando vigore a verghe ed altri mezzi,


per far cadere i frutti neroverdi

da mettere nei sacchi e trasferirli

al provvido trappeto e macinarli,


per fare l'olio buono per pietanze,

da conservare in tini o in lattine

in ogni casa, al borgo o in cantina.


Si spera solo ch'infimi briganti

rendano, non sia mai, luoghi vacanti.


Lorenzo 1.11.22