giovedì 28 febbraio 2013

La filosofia non é altro che l'espressione del pensiero umano. Ecco un mio approfondimento sulla Solitudine - Friedrich Wilhelm Nietzsche

 

Friedrich Wilhelm Nietzsche è tra i sommi filosofi di ogni tempo, poeta, saggista, compositore e filologo tedesco. Nasce a Röcken il 15 ottobre 1844 in un villaggio prussiano.
 
 
 
Cenni biografici
 
 Dopo la morte del padre, avvenuta nel 1849, si trasferisce a Naumburg, dove intraprende gli studi di lettere classiche e religione, segue, molto compiaciuto, anche la musica e il canto. Nel 1858 dimostra, precocemente, le sue rare doti intellettuali, si dedica alla scrittura di poesie.  Ama leggere Goethe, Hölderlin e Byron. Frequenza il ginnasio di Pforta, poi si iscrive all'Università di Lipsia nel 1865 e, pur se molto interessato dalle lezioni di filologia classica del suo insegnante Friedrich Ritschl, avverte un’irrefrenabile attrazione verso Teognide e Suida, ma è ancor più affascinato da Platone, Emerson e Schopenhauer, anche se in seguito, contrasterà il pensiero di Schopenhauer e Platone. Studia attentamente la loro filosofia, l'opera di Diogene, di Laerzio, Omero, Democrito, Eschilo e Kant.
 
Nel febbraio del 1869 ottiene la cattedra di lingua e letteratura greca dell'Università di Basilea. Nel maggio dello stesso anno, l'Università di Lipsia gli conferisce la laurea sulla base delle sue eccellenti pubblicazioni nel Rheinisches Museum, dopo aver discusso su Omero e sulla filologia classica.
 
L’inconfutabile pensiero filosofico, letterario e politico, nonostante la giovane età, furono molto incisivi per il Novecento. La sua filosofia creò un varco verso un rinnovativo modulo di riflessione, più sostanziale e provocatorio, facendo di Nietzsche un meditatore senza uguali nel suo genere, esaltando, inoltre il mito, la poesia e la musica.
 
La malattia
 
Alla giovane età di 34 anni abbandona l’insegnamento, a causa di frequenti emicranie, eccessi di rabbia, attacchi di vomito e dolori agli occhi che gli causarono in seguito vere crisi di follia. Inquieto e nervoso diede una svolta alla sua vita, viaggiò molto, cercando nuove sollecitazioni e sperando che i climi miti potessero apportare dei miglioramenti alla sua salute, purtroppo non giunsero mai. Trascorse un lungo periodo di solitudine durante il quale pubblicò molte opere.
 
La malattia e l’isolamento interiore di Nietzsche contribuirono alla formazione del suo apprezzato pensiero.
 
La causa della sua follia rimane ancora oggi misteriosa per la fondatezza delle svariate ipotesi. Potrebbe l'autodistruzione, la follia volontaria, intesa come forma di ascesi superiore aver provocato i suoi malesseri, come accenna egli stesso in un famoso aforisma:
 
Chi lotta contro i mostri deve fare attenzione a non diventare lui stesso un mostro. E se tu riguarderai a lungo in un abisso, anche l'abisso vorrà guardare dentro di te. 
( da Al di là del bene e del male)
 
Nel 1888, dopo nuove e numerose pubblicazioni, Nietzsche si trasferisce a Torino, città che stimò particolarmente, qui scrisse l'Anticristo, Il crepuscolo degli idoli ed Ecce Homo. Nel 1889 avvenne infine il crollo mentale. La prima crisi accadde in pubblico, nelle vicinanze della sua casa torinese.
 
La patologia, che causò i sintomi attribuiti alla follia, non appare tutt’oggi molto chiara. S’ipotizzarono diverse malattie, fra queste un disturbo bipolare, di cui, pare fosse affetto fin dalla gioventù e presente nella sua famiglia. Si parlò anche di avvelenamento da farmaci, somministrati durante i ricoveri in manicomio, altri attribuirono le ragioni dei suoi disturbi alla sifilide, una malattia venerea contratta da una prostituta, altri ancora alla schizofrenia. La supposizione più credibile fu quella che le insorgenze neurologiche di Nietzsche fossero causate, quasi sicuramente da un meningioma, tumore benigno, oggi facilmente operabile, che, situato sul nervo ottico, gli causava terribili emicranie.  I suoi disturbi segnarono intensamente la sua vita di uomo e di filosofo. Durante i suoi ricoveri, prima in Svizzera e poi in Germania, alterna momenti di esaltazione a profonda tristezza. Il silenzio totale copre ogni sua giornata, soffre di diverse forme di paralisi, poi si aggrava, si presume per le dosi eccessive di farmaci che controllavano i suoi malesseri.
 
Si spegne per una polmonite il 25 agosto del 1900 a Weimar.
 
La filosofia 
 
Nietzsche esprime un’intensa negazione del passato, rifiuta tutte le tradizioni, manifesta seri dubbi sull’intera storia della filosofia occidentale, che, nonostante numerosi secoli di decifrazione metafisica dell’essere, presenta una sorta di stasi. Egli ricerca un nuovo fondamento. Il suo fine non è soltanto di distruggere le teorie e le convenzioni, ma trovare una diversa tipologia d’umanità, completamente lontana da quella occidentale, l’uomo libero, conosciuto come il Superuomo o Oltreuomo, cioè l'uomo in grado di oltrepassare se stesso, perseguendo il destino attraverso l’esercizio della volontà.
 
Bisogna avere ancora il caos dentro di sé per generare una stella danzante.
(da Così parlò Zarathustra)
 
L'Oltreuomo non calpesta gli altri, ha compreso che è egli stesso a dare il significato alla vita, poiché l’accetta in ogni sua espressione, nel deliziarsi d’essere soggetto di vita e di morte. Fronteggia la vita con audace pessimismo, fonde il fatalismo alla fiducia e si slega dai logori concetti del bene e del male, attraverso un’esclusiva indifferenza nei confronti dei valori etici che considera estinti.
 
Pur ammirando Schopenhauer, per il quale la vita è irrazionale e crudele, è dolore e distruzione, le considerazioni di Nietzsche vanno oltre al pessimismo Schopenhaueriano.
 
Nietzsche insiste nel proprio credo, il sentimento drammatico della vita consiste nel protendersi verso di essa in un abbraccio privo di barriere, è un’entusiasmante partecipazione a tutti i suoi aspetti, anche a quelli più temibili e terribili, poiché tutto fa parte dell’immenso e abissale oceano dell’esistenza. 
 
Ne La nascita della tragedia (1872), Nietzsche vede nel mondo greco la stagione spiritualmente più nobile e prolifera dell’umanità. La civiltà greca possiede un vigoroso senso tragico, che è per il pensatore il modo più reale di confrontarsi con la vita e porsi con coraggio davanti al Fato. L’uomo greco vedeva dappertutto l’aspetto orribile e assurdo dell’esistenza: ma egli seppe, nell’arte, trasformare l’orrendo e l’assurdo in immagini ideali per rendere accettabile l’esistenza. La grande tragedia greca è la forma suprema di arte, giacché in essa si compongono gli impulsi vitali creativi (spirito dionisiaco), e la moderazione, l’equilibrio, la razionalità (spirito apollineo). 
 
Conclusioni
 
L'opera di Nietzsche si fonda sulla demolizione di ogni metafisica e la critica di ogni idealismo.
 
Dinanzi alla vita, che secondo il filosofo, è solo sofferenza, tristezza, crudeltà, infelicità, lotta, rimangono possibili solo due atteggiamenti, una posizione che nasce dalla morale cristiana e dalla spiritualità comune, oppure l’esaltazione della vita. Il mondo, quindi, è una sorta di gioco estetico e tragico, che solo l’arte riesce a comprendere realmente. Da questa considerazione deriva la natura metafisica dell’arte e la sua funzione di organo della filosofia, che protende verso la nascita della tragedia con un'inclinazione romantica.
 
L’uomo, per troppo tempo, ha dovuto attingere all’illusione per dare un valore alla vita, poiché ha sempre avuto paura della verità, paura di ammettere che essa non ha un senso, che non esiste nessun oltre, nessun dio. L'Oltreuomo é capace di sopportare quest’idea!
 
Il suo pensiero filosofico sembrerebbe dissennato, proprio come la sia malattia, ma non è forse folle un vero genio?
 
La solitudine di Nietzsche
 
La propensione di Nietzsche verso l’isolamento e il vagabondaggio, credo non possa negare la validità del suo pensiero, né essere addebitata necessariamente alla sua malattia, come invece alcuni critici ostili e increduli hanno affermato.
 
Prima del cedimento mentale ha certamente dimostrato che i suoi innovativi percorsi rivoluzionari hanno contribuito l’accesso a una filosofia oggettiva, che nasce da legittimi stati d’animo, pienamente accettabile e vera, che crea un assunto da valutare con meticolosa attenzione.
 
La sua introversione, le doti emozionali, intellettive meramente eccellenti sono la chiave della sua dottrina e della precoce consapevolezza della sua diversità, infatti, a 14 anni egli scrive:
 
Alla mia giovane età avevo già sperimentato molto dolore e tanti affanni, e non ero vivace e sfrenato come sono di solito i ragazzi. I miei compagni solevano canzonarmi per questa mia gravità. Ma ciò non accadde soltanto alla scuola elementare, no, anche in seguito, all'istituto e perfino al liceo. Fin da bambino io ricercavo la solitudine, e mi trovavo meglio là dove potevo abbandonarmi indisturbato a me stesso.
 
Questa considerazione resterà invariata negli anni, scriverà un pensiero sublime, profondo e triste per le motivazioni conosciute:
 
Odio coloro che mi tolgono la solitudine senza farmi compagnia.
 
Questa frase esprime quanto l’incomprensione e la derisione della società (nel suo caso i compagni) gli provoca rabbia, odio, vendetta, disprezzo per la comunità in generale.  Cerca riparo nella fede, sebbene poco dopo la rinnegherà. Rimane invariata però, e nel tempo esaltata e amata, la ricerca della solitudine come intima sicurezza, nella quale, nonostante il grave senso di inadeguatezza, l’avversione nei confronti della normalità, egli non perde le capacità intuitive, intellettive, geniali e il profondo desiderio di intraprendere sentieri di dottrine non a tutti accessibili ma non per questo meno vere.
 
La solitudine sofferta dal grande filosofo tedesco non appartiene a tutti, ma a molti.
 
Gli somigliamo, ognuno per differenti e personali ragioni, troppo spesso incomprese dall’indifferenza della massa che crea un confine invalicabile: il rifiuto, il senso di non appartenenza.
 
Oggi, più che in altre epoche, accadano frequenti comportamenti deplorevoli e di non accettazione, come il bullismo e la violenza nei confronti di bambini, adulti, anziani, individui sani o ammalati, verso i disabili, gli indifesi, gli animali, e secondo voi dopo queste e tante altre innominabili, indegne esperienze devastanti, piaghe di una società che si definisce civile, l’essere dove può trovare rifugio e pace se non nella solitudine?
 
Persino la genialità, l’eccentricità, l’intelligenza intraprendono la strada del silenzio e dell’unione solo con se stessi.
 
La solitudine cui mi riferisco non è la semplice ricerca del piacere in sé, della pace, del silenzio, della serenità, scevre da qualsiasi forma dolore, è una scelta, dapprima dolorosa poi sostenibile per trovare in se stessi ciò che il mondo ci nega o ci imputa.
 
Nietzsche ha mostrato al mondo grandi doti, attraverso il suo pensiero filosofico, l’abilità di trarre vantaggio e forza dalle proprie inquietudini, la consapevolezza che la mente e l’anima hanno bisogno soltanto di se stesse per vivere e sopravvivere!
 
Si può cadere in un baratro profondo e risalire fino alla preziosa vetta della dignità, soli, in silenzio, nella completa accettazione dell’evento.
 
Immenso Nietzsche, pur se considerato folle resta un genio!