
Nonno Minguccio
col fido "sentinella"
ci fece la sorpresa
in masseria Pianata
nel dì dopo Natale
Lorenzo 26.12.23
Blog di Poesia, prosa e approfondimenti. I testi presenti in questo blog sono stati pubblicati in vari libri a nome dell'autrice.I diritti di tutti gli autori sono riservati, poichè sottoposti alla legge che tutela il copyright.Ogni violazione sarà denunciata.
Nonno Minguccio
col fido "sentinella"
ci fece la sorpresa
in masseria Pianata
nel dì dopo Natale
Lorenzo 26.12.23
Fu donna d'animo nobile e delicato
amò teneramente il suo marito e i
suoi tre figli, con cui condivise le poche
gioie e le molte sofferenze della vita
e della sua lunga malattia. Cosciente
di aver compiuto bene la sua missione
di sposa e di madre cristiana, attese
la morte, come termine ai suoi dolori
e premio alle sue virtù.
E nell'ottantadue passa il padre,
nel sogno m'indicò la via da fare.
* 22.1.1916 - + 22.12.1956
L'elogio più grande fu tutta la sua vita,
di umiltà, di semplicità, di fede, di
dovere compiuto sommessamente, quasi
segretamente.
* 27.9.1911 - + 21.12.1982
Lorenzo 22.12.2023
“Il padrone di casa mi aveva avvertito
che sarei stato spesso disturbato
dal rumore del trappeto,
il frantoio che era sotto alle mie stanze;
ci si entrava dall’orto,
per una porticina di fianco agli scalini
che portavano in casa.
Avrebbe lavorato anche di notte,
il trappeto mi aveva detto.
Quando girava la vecchia mola di pietra,
trascinata in tondo da un asino bendato,
la casa tremava, e un rombo continuo
saliva dal pavimento"
Carlo Levi, Cristo si è fermato a Eboli, pag. 185,
Einaudi Editore, Torino, 2014.
E s'apre il cuore quando leggo il nome
dell'antico trappeto sulla via
della marina nostra amica mia,
ambienti da rettangoli formati
le volte a botte ed asini a girare
le mole delle vasche con le bende
un tetto a chiancarelle a copertura
lamine in pietra dura sembra selce
interno di museo d'altri tempi
macine, torni e tini, un focolare,
il regno dell'attiva vivandiera
che preparava il pasto agli operai
si davano a scambiarsi la fatica
tre volte in ventiquattro di giornata
o forse due in tempo sindacato.
Ricordo vivandiera del trappeto
a fianco di stazione del ridotto
lo scartamento della ciclatera,
erano i tempi primi al secondario
e la gran madre era vivandiera,
legumi cucinati al focolare
fagioli o ceci ed acqua al primo sale
unico piatto e ricca colazione
con olio fuoriuscito dalla pressa,
e pane la schanata, tre fettine
del forno di Lucrezia fatto a mano
zuppa di pane intriso di quell'acqua
profumi di quell'olio appena fatto
e sento ancora odori di quel luogo.
Ma è tempo di tornare alla marina
a proprietà di nobile casato
d'alte mura protetto e custodito
d'intrecci di famiglie e di progenie
economia d'un tempo trapassato
ed era pieno il luogo di strutture
fondante conduzione e di risorse.
Tutto è cambiato ormai non più le presse
e l'olio con lattine a noi concesse
Lorenzo 26.11.23
"Così Speranza sceglie un punto
di osservazione più basso per riprendere
[...] il Panorama del mio paese,
in un tratto in cui il caseggiato
è più lontano essendosi la lama
un po' allargata [...]
Come accennato, la tensione verso l'alto,
[...] è tripartita oltre che dai campanili
di San Domenico e della Cattedrale, [...]
anche dal massiccio campanile
di san Francesco della Scarpa, quello che
che nello skyline della città segna
il profilo più alto, terminante
col suo bulbo rococò a cipolla"
Emanuele Cazzolla, Francesco Speranza,
Pittore del Novecento, Claudio Grenzi Editore,
Foggia 2023, pagg. 164,165.
Descritta dai cantori quella lama,
pittore del mio borgo conosciuto
pronto a schizzare sui foglietti estivi,
ed un poeta il suono di campane,
le vele e campanili del mio borgo
descrive in lingua madre quei suoi canti,
seduti a meditare su quei luoghi.
Un fosso d'incompiuto corso d'acqua
scendendo dalla murgia fino al mare,
quando la mena riempie arido letto,
regno d'incalliti cercatori
di cicorielle a valle e funghi ai sassi,
quando la pioggia attesa dona frutti,
non solo lumachine su pareti.
E' regno incontrastato di cinghiali,
chiosa il cartello posto sulla strada
che dal mio borgo sale alle matine.
Due ponti sopra il corso di quel fosso
attraversati da generazioni,
il primo porta a scala degli ingegni,
la sede del liceo nel convento
ed il secondo verso borghi interni
posti sulle alture della murgia.
E' l'orizzonte spazio temporale
grida di locandina dell'evento,
e' degno d'ateneo degli anziani
com'anche al centro di ricerche urbane.
La linea immaginaria che si sposta
davanti ai nostri occhi di continuo
perchè traverso i sacri luoghi aviti
avviene conoscenza del passato,
per raccontare storia per futuro
per mezzo d'esperienza del presente.
E' un parco naturale quella lama,
è roba per il cuore per chi l'ama
Lorenzo 17.11.23
"Una civiltà di pastori
si trasforma in parte
in una civiltà contadina,
[...] e già la civiltà contadina
si dissolve pel mondo
e sorgono centri operai,
come querce solitarie"
Carlo Levi, Tutto il miele è finito,
Ilisso edizioni, Torino, Einaudi 1964, pag. 37.
Intreccio di civiltà d'un tempo
Cattedrali nel deserto
civiltà ambivalenti
i pastori in transumanza
che diventano operai.
Sono querce solitarie
in ambiente conosciuto
tra due mari dello Ionio,
nella piana degli ulivi,
nelle zone dell'industria
capannoni abbandonati,
dopo l'auge del respiro,
di lavoro già in disuso
in colline brulle e grigie
dall'argilla refrattaria
dei calanchi di Lucania,
tra le greggi in terra sarda,
mentre a pranzo si cucina
maialino succulento.
La miscella preparata
da diverse istituzioni
per pastori e contadini
operai e diplomati,
funzionari tra quei mondi,
separati eppur vicini
che appaiono lontani,
affluenti al grande fiume
della cassa meridiana,
sotto il sole che s'avventa
su quel mirto che t'inebria,
tra gli ulivi secolari,
come ai solchi di frumento
grano duro a nutrimento.
Lorenzo 28.10.2023
“Non piangete la mia assenza,
sentitemi vicino e parlatemi ancora.
Io vi amerò dal cielo come vi ho amati sulla terra.”
Sant'Agostino
Le note allegre d'interrogazione
lorquando si portavano a lavagna,
gli alunni tuoi a invito rallegrante
e li invitavi alla dimostrazione,
tu iniziavi in detto d'allegria,
fondendo la fiducia a superare
l'angoscia di fallire quel quesito
e d'amore cantavi la canzone,
"parlami d'amore Mariù" dicevi.
Amore era per te il tuo lavoro,
di formule, equazioni e teoremi
e ai numeri apparivano le note
di pentagrammi in auge nel sessanta.
Amavi il tuo lavoro per portare,
come dicevi "il pane alla famiglia",
non quello azzimo, ma quello dolce,
profumo del mandorlo a primavera,
una delle metafore che amavi,
capendo, infine, il senso di parole.
E mentre si cantava, la notizia
di tua mancanza a vita sulla terra
per riposare in Vita oltre la morte,
quel giorno che giammai dimentichiamo,
novantaquattro il ventisei d'aprile,
ci manca la risata e il suo vocione,
gli sguardi che davano sicurezza,
sapeva tutto e rispondeva a tutto.
Ed era martedì quel giorno triste,
un'ora d'intervallo a second'ora
e non rientrasti più tra i tuoi alunni.
Il volto col sorriso, il tuo esserci,
sono insieme sempre, per non perderci.
Lorenzo 25.9.23
Dedicata al Professore Michele dai suoi discepoli d'un tempo.
"La tradizione narra di una
principessa napoletana
dalla bellezza leggendaria,
abbandonata prima di andare all'altare
e che per il dolore iniziò a vagare
senza meta tra le strade di Napoli,
in abito nuziale. [...] Ecco perchè si dice
che porta fortuna nelle case.
E' la bella 'mbriana che diffonde il bene
girovagando fra le mura domestiche
sotto forma di una lucertolina."
Valentino Losito, ZITTI ZITTI, PIANO PIANO
Storie, personaggi, musiche e leggende della Controra
SECOP edizioni, 2022 pag. 214
Fortuna e buona spinta data in sorte
dice il proverbio detto in volgar modo
si manifesta dietro tende mosse
dal vento nelle ore di controra
la bella'Mbriana che diffonde il bene
girovagando tra le mura amiche
oppure tra pareti di campagna
poste dai contadini per confine
macchiate dai licheni orme del tempo
e sottoforma di lucertolina
lo spirito di casa e dei poderi
dolce angelo al vecchio focolare
appare a meridiana alla controra
obbligo per fanciulli di dormire
parla il silenzio di penombra stanza
e guai a chi non dorme dice il padre
quando in strada impazza il caldo afoso
magia e mistero intrecciano il suo fare
in angoli nascosti si ripone
uscendo solamente qualche istante
controlla consigliando gli abitanti
aggiungi un posto in tavola con sedia
se l'ospite d'onore si presenta
porta serenità spirito buono
tre spiriti vocati nell'inverno
quando i racconti detti intorno al fuoco
propiziano il riposo della notte
il monaciello 'mbriana e la janara
davano il sonno fino all'alba chiara
Lorenzo 16.9.23
Dal Vangelo secondo Giovanni. 19, 32-35.38
(...)
Dopo questi fatti Giuseppe di Arimatea,
che era discepolo di Gesù,
ma di nascosto, per timore dei Giudei,
chiese a Pilato di prendere il corpo di Gesù.
Pilato lo concesse.
Allora egli andò e prese il corpo di Gesù.
Altorilievo della Piastra in marmo
Deposizione posta in Cattedrale,
unico sopravvissuto a tre pannelli
in val Padana, incisi molti nomi
ed Antelami autore di scultura,
un Atto addolorato di Passione,
del Salvatore la Deposizione,
è tolto dalla Croce il Redentore
ed i soldati maneggiano Veste,
tirata a sorte secondo Scrittura,
guardati da immagine di luna,
pallida luce mentre il sole splende
e guarda Madre Santa e tre Marie,
nel preludio di Resurrezione.
D'Arimatea, l'adepto Giuseppe
depone dalla Croce nel lenzuolo
cingendo sulla vita il Corpo inerte
e bacia con un soffio il suo Costato,
ferito dalla lancia del soldato
e Gabriele l'Angelo d'Annuncio
porta la Mano al volto di Maria.
E Nicodemo sale gli scalini
per liberare Mano ancor con chiodo,
son tutti intorno al Nostro Salvatore.
Nel terzo giorno la Risurrezione,
Speranza dei credenti Redenzione
Lorenzo 15.8.23
"Una solitaria presenza dinamica
è quella di un carretto con la botte
dell'acqua, trainato da un mulo e dal padrone,
che, ripreso da dietro, sale dalla via
a destra lungo la direttrice prospettica."
Emanuele Cazzolla, FRANCESCO SPERANZA
Pittore del Novecento, C. Grenzi Editore,
Foggia 2023, pag 242
"Sempre a sinistra, il quadro si chiude
con la lunga scala di accesso alla vecchia
scuola materna “Giacomo Pantaleo” "
F. Fioriello, Piazzetta Fortinguerra,
luogo dell’anima di Francesco Speranza,
Fonte: Primo Piano, 31.7.23
Un casalino come s'usa dire
in quel della Lucania tanto cara
e dalla lama aperta presso il ponte
che porta alla mia scuola d'una volta,
si giunge ad una piazza conosciuta
nel luogo che profuma dell'antico,
di Speranza incanto in due segni,
del Nostro beneamato che dipinge
gli angoli nascosti del mio borgo
e la speranza che giammai tramonta
di conoscenze per i nostri figli.
Una storia che tutti conosciamo
siamo negli anni, i primi del settanta,
teatro di dolore e di silenzio,
quella piazzetta fonte e nuova linfa
per i fanciulli tolti dalla strada.
Del Maestro conservo la memoria,
incontri del giovedì nella chiesa,
con giovani aspiranti a vita onesta,
altri vissuti avuti in altro luogo,
sull'Alta Murgia in chiesa di Signori,
giorno di festa andava per il Rito.
Eppure, in quella piazza c'è l'Asilo,
si raggiungeva dalla scalinata,
un ambiente gioioso ed educante,
il frutto di donanti generosi,
dove il Grande Maestro proiettava
filmati educativi in cineforum,
in quel contesto sano e "illuminato",
Suor Beniamina ed altre due Sorelle,
arricchivano loro Vocazione,
con Maestri coesi e volontari,
incontri con adulti e Catechesi.
C'era anche un Corso per lavoratori,
su quella via, in "quella stradina"
con i gloriosi banchi d'una volta,
della scuola "San Pietro" 'ché dismessa.
Grazie Maestro Marco, per il Cuore,
andava raccontato il tuo Amore.
Raggi di Luce fra quelle pareti,
lo sguardo "Oltre" in piana d'uliveti.
Lorenzo 10.8.23
"A San Mauro Forte, poco più in alto sul monte,
avrei ancora veduto, all'ingresso del paese, i pali
a cui furono infisse per anni le teste dei briganti,"
Carlo Levi, Cristo si è fermato a Eboli, pag.6,
Einaudi Editore, Torino, 2014.
Un' antica vedetta quel maniero
in cala insenatura molto aperta
rifugio di barchette o pescherecci
munifici a pescare il pesce in scoglio,
vedetta di difesa al mare aperto
da un altro lato verso mezzogiorno
aperto agli orizzonti meridiani,
difesa ai saraceni e ai pirati
erano d'avvistamento queste torri
disposte sulla costa e all'interno
torrioni di difesa più imponenti
quattro cannoni e paio di spingarde
cinque fucili con un capitano,
un artigliere più quattro soldati
difesa di quel sito sopra il mare.
Eran grandezza grande gli avamposti
di media oppur di piccola fattura,
questa presieduta da due armati.
Nei pressi c'era un luogo di supplizio
per condannati a pena capitale
e pali per appendere i ladroni
come s'usava a teste di briganti,
nei borghi raccontati di Lucania.
Ordunque, a pericolo scampato,
un luogo di riposo per anziani
riposti a "beneficio" dei parenti
e poi presidio delle Fiamme Gialle.
E' proprietà adesso demaniale
e d'auspicio il culto al territorio.
Lorenzo 6.10.23
oh rìzze oh rìzze oh rìzze
come all'òve iè oh rìzze
il riccio, il riccio, il riccio
come l'uovo è il riccio
Di mare aroma e scrigni di sapore
son ricci dalla polpa succulenta
è d'obbligo l'esserci di freschezza
s'apre calotta che poggia su roccia
si vede polpa e uova in arancione
cuocere gli spagnetti giusto al dente
aglio prezzemolo e il rosso fuoco
dico peperoncino assai piccante
una padella ed olio quanto basta
soffriggi il preparato in due minuti
ed annegare pasta in questo luogo
un mestolo di acqua di cottura
girare e rivoltare polpa arancio
bastano due minuti il primo in rancio
Lorenzo 30.7.23
Cape de firre
Testa di ferro
Questa fontana sembra senza testa,
dal rubinetto scorre l'acqua a gocce,
mentre racconta nella sua memoria
la storia del suo viaggio in quella via,
dagli anni quando posta per salvare
il popolo assetato della Puglia,
in anni addietro abbiamo pur solcato
viadotto coi ragazzi in conoscenza,
mentre scorreva l'acqua sotto i piedi
e raggiungeva i borghi tanto cari.
Angolo del mio borgo coi sottani
e mi ricordo pure il gran da fare
di capannelli, tutti bene in fila
per riempire brocche in terracotta
e soddisfare scorta per famiglia,
quando i rubinetti erano asciutti
e non scorreva acqua nelle case.
Ricordo giovinetto un dì di luglio,
andai alla fontana della strada
che porta ancora a piazza delle Croci,
era sera inoltrata, alle due ore
e con la brocca piena ritornai
per dare linfa fresca a nuova vita.
Pure quando a ritroso dal "monte"
ritornava a maggio "Compagnia"
si riportava a casa un nuovo coccio,
"u cìciue" dalla bocca assai ristretta,
per mantenere a lungo fresca l'acqua,
più forma tondeggiante di buon pane,
durava i giorni d'una settimana.
Memorie che raccontano la Storia
dei tempi ormai passati e la sua Gloria.
Lorenzo 28.7.23
Caronte anticiclone sta bruciando
i frutti della terra tanto attesi,
ora disidratati dal gran caldo,
lacerati da raggi arroventati
ed inchiodati sull'arida terra.
Sono le ore di primo mattino,
le più indicate a lavorare i campi,
d'onesti contadini mal pagati,
stanno soffrendo, si sente il commento,
di chi s'appressa al giorno presso il luogo.
Per ricompensa solo la fatica,
e la promessa fatta al compratore,
con tanta voglia di tornare al desco,
dal fiammeggiante girone dantesco.
Lorenzo 26.7.23
La Divina Commedia Inferno Canto V
"Così discesi del cerchio primaio 1
giù nel secondo, che men loco cinghia
e tanto più dolor, che punge a guaio.
Stavvi Minòs orribilmente, e ringhia:
essamina le colpe ne l’intrata;
giudica e manda secondo ch’avvinghia." 6
Dante Alighieri, la Divina Commedia, Canto V, versi 1-6
Letta ieri sulla Gazzetta del Mezzogiorno
Rubrica Lessico Meridionale di M. Mirabella.
Caldo estremo in terza rima
Lo chiamano minosse il grande caldo,
cambiando il nome all'afa di caronte,
non varia la sostanza al caposaldo,
una fortezza posta sulla fronte,
un peso che si posa sui capelli
lasciando il mio spirito ansimante.
Come li vuoi chiamar son sempre eguali,
una calura mai, dacchè siam nati,
che brucia d'ogni specie i vegetali.
Non traghetta minosse quei dannati,
giudica i rei avvinti da lussuria,
ad infernal bufera condannati.
Lorenzo 24.7.23
S’honne cotte re fèufe e se l'honne mangèute gridde gridde:
Hanno cotto le fave e le hanno mangiate da soli:
Amara constatazione su chi si è
assicurato il potere e la pancia piena,
senza preoccuparsi se "u pòple stè descìune"
il popolo è digiuno.
Parlano i sassi antichi della murgia,
di transumanze e mandrie sui tratturi
non solo, c'è il messaggio della pietra
anche sulla parete della casa,
magari lì nascosta da inesperti
che per manutenzione l'ha rimossa
dalla coscienza e dalla nostra vista
e parla d'empatia quel manufatto.
Signori ben vestiti ed educati
seduti sulla panca a desinare,
visti dall'alto d'altro osservatore,
il chiavistello è aperto per invito,
e scende in quel frangente quel Signore,
ben pettinato e tunica elegante,
che porge un piatto a uomini avviliti.
Son nove sofferenti ed affamati,
dimessi dal digiuno, a ben vedere
ed un commento duro che distingue
diversità di vita fra i due gruppi,
ed è l'auspicio a carità cristiana,
lancia il messaggio univoco la pietra,
d'amare il prossimo come te stesso,
Comandamento, vale pure adesso.
Lorenzo 22.7.23
"Caron dimonio, con occhi di bragia, 109
loro accennando, tutte le raccoglie;
batte col remo qualunque s’adagia.
Come d’autunno si levan le foglie
l’una appresso de l’altra, fin che ’l ramo
vede a la terra tutte le sue spoglie,
similemente il mal seme d’Adamo
gittansi di quel lito ad una ad una,
per cenni come augel per suo richiamo." 117
D. Alighieri, La Divina Commedia,
Inferno, Canto terzo, versi 109-117
Lo chiamano Caronte in terza rima
Caronte indemoniato batte l'astro,
cocente s'introduce sul mio corpo
bruciando testa e piedi ch'è un disastro,
intanto sto fuggendo d'un sol colpo,
cercando il mio rifugio dentro mura
di pietre amiche per il contraccolpo
di fresco che s'attende finchè dura,
sento ronzare le formiche in testa,
nulla in conforto intanto che scongiura
ma tutto avanza nel contesto e resta
e chissà quando avremo il refrigerio,
per ritemprare il corpo chè m'assista.
Lorenzo 20.7.23
Vùlte e gìre tèrre
la ricchèzze veine
Voltando e girando la terra
si diventa ricchi.
L'aratura contribuisce
ad avere un buon raccolto.
Sentito questo detto l'altro giorno
al festival d'ulivo e civiltà
dei contadini d'oggi e poi di ieri.
Un aforisma narra l'aratura
di zolle rinnovate di campagna
per coltivar la terra a nuovi slanci
e prepararla a semine innovate,
d'evento già parlato in questo luogo
ed or mi preme raccontare il mito
tante leggende cantano la terra,
tra le altre c'è l'aratro d'Odisseo.
La sua follia, falsa, a dir il vero,
vissuta fra le zolle con l'attrezzo.
Si finse folle onde evitar la guerra
dei greci contro i teucri annunciata.
Doveva per profeta star lontano,
da Itaca sua patria e dalla sposa,
la flotta era già pronta per salpare
ma Uiisse ritardava a quell'evento,
il generale acheo andò a trovarlo,
a chieder lumi della sua rinuncia.
Arava il condottiero nel suo campo
fingendo d'esser pazzo nel percorso,
frasi sconnesse, seminando il sale,
invece di sementi per dar frutti
tanto d'inaridire amate zolle,
per farsi creder folle ai convenuti.
Cartina al tornasole come prova,
per controllar follia veritiera,
Palemede, un furbo combattente,
pose fra zolle il tenero figliolo,
Telemaco l'infante ed indifeso.
S'accorse Ulisse di manovra triste,
voltò di scatto il vomere d'aratro,
salvando il suo figliolo dall'eccidio,
la sua follia così fu smascherata,
quindi, dovette, a forza, sì partire,
lasciando la sua isola e gli affetti.
Abbiamo già parlato d'aratura,
i tempi i luoghi in tutte le stagioni,
conoscono i nostri contadini,
gli attrezzi da portare alla bisogna.
Buoi o cavallo avanti a quell'attrezzo
ed ora col trattore questo il mezzo.
Lorenzo 19.7.23
Scióje a premètte a la Pórte.
Andare a promettere (la propria manodopera) a Porta Baresana. -
Si allude all'abitudine tipicamente del mio borgo,
di ingaggiare contratti di lavoro in piazza
e precisamente a porta Baresana.
Si tratta per lo più di lavori agricoli stagionali
(raccolta delle olive, mandorle, potatura, etc.).
"Io pensavo a quante volte,
ogni giorno, usavo sentire
questa continua parola,
in tutti i discorsi dei contadini.
– Ninte, – come dicono a Gagliano. –
Che cosa hai mangiato? – Niente. –
Che cosa speri? – Niente. –
Che cosa si può fare? – Niente -.
La stessa, e gli occhi si alzano,
nel gesto della negazione, verso il cielo.
L’altra parola,
che ritorna sempre nei discorsi è crai,
il cras latino, domani.
Tutto quello che si aspetta,
che deve arrivare,
che deve essere fatto o mutato,
è crai, Ma crai significa mai."
Carlo Levi, CRISTO SI E' FERMATO A EBOLI,
Einaudi editore, Torino, 2014. Pag.163
Domani
Sarà in futuro
Spero promitto e iuro
quello ch'accadrà
domani un altro giorno
poi si vedrà domani
Tira a campare
pazienza per quest'oggi
passa domani
domani altro domani
e poi dopodomani
Lorenzo 17.7.23
"La camera [...]
Era una stanza buia, lunga e stretta,
con una finestrucola in fondo,
le pareti dipinte a calce grige, sporche
e scrostate. C'erano tre lettucci,
un catino di ferro smaltato in un angolo,
con una brocca, e un canterano zoppo
in faccia ai letti. Una lampadina,
sporca di antichi nerumi di mosche,
mandava una sbiadita luce giallastra."
Carlo Levi, CRISTO SI E' FERMATO A EBOLI,
Einaudi editore, Torino, 2014. Pag.31
Sottano
Sottano d'una volta un solo vano
una stanza divisa da due panni,
un angolo cottura per cucina,
un fuoco ed un treppiede per caldaia,
un altro per servizi personali
e nella stanza unica il lettone,
un tavolo tre sedie un canterano,
la specie di comò per biancheria,
a quanto pare un piede un po' più corto,
tanto a sembrare mobile azzoppato
ed una bacinella per lavarsi,
questo il mobilio in casa d'altri tempi
e archetipo elegante dell'arredo
è quel bacile in dote ad uno sposo,
gli spetta dare, secondo l'usanza.
Acqua di pozzo o di fontanella
serviva per riempire bacinella,
testimonianza a sveglia del mattino,
complicità per far svanir torpore,
e fare aprire gli occhi al nuovo giorno.
Nell'acqua del catino scorre il tempo,
alba e tramonto in vita coniugale,
vagito del neonato oppur lamento
del moribondo giunto al suo tramonto,
per visita del medico curante,
alfa ed omèga della vita umana.
E' pur riserva idrica al paese,
il termine bacile è il serbatoio
per dare l'acqua fresca al territorio.
Lorenzo 15.7.23
Piaceva al Gran Maestro conosciuto
schizzare con inchiostro i suoi dipinti,
con qualche nota scritta col pennino
per ricordare a studio quello schizzo,
lorquando ritornava sul suo banco
con i colori d'applicare al quadro,
in questo caso il Santo Valentino
chiesetta posta in Piazza presso Croci,
cinque disposte al centro di due strade.
La prima porta mesta al Cimitero,
lì si fermava un piccolo corteo,
all'imbrunire d'un funesto giorno,
si tratteneva per triste cordoglio
e l'altra, invece, ai campi fuori porta
dell'alta murgia oltre le matine,
campagna d'uliveti e mandorleti
che da pianata arriva alla marina,
dall'acque azzurre fresche e cristalline.
Un campanile a vela sovrastante
chiamava a devozione i residenti
di quella grande piazza dei Caduti,
la pesa d'una volta di derrate
per giusto pagamento sotto l'arco
parete posta fronte al giardinetto,
oculi due sulla fiancata sud,
a dare luce ed aria alla chiesetta
sovrastano quel lato sul piazzale,
con alberi d'abeti a dare l'ombra
a chi riposa stanco le sue membra,
qualche sottano accanto che s'affaccia.
Un tempo a cinque Croci, un'officina,
forgiava i ferri per cavalli e muli,
anni sessanta chiesa parrocchiale,
dal borgo antico trasferita in loco,
dal vicolo che s'apre sotto l'arco
e quella via immette sulla lama.
San Valentino il Santo di febbraio,
tra inverno e primavera intermediario.
Lorenzo 13.7.23
Il Torrione
Sta nel torrione
la terrazza anulare
luogo gioioso
per conferenze e mostre
ricchezza di valori
invece in piazza
gruppo d'agricoltori
stanno in pensiero
fra poco un compratore
darà loro lavoro
Lorenzo 11.7.23
E' Porta Baresana raccontata,
la piazza che conduce alla piazzetta
da quella strada stretta di Ciccillo,
vendeva scarpe a tutti del paese,
eredità trasmessa ai discendenti,
in altri luoghi posti nel mio borgo.
.
Torniamo adesso a splendidi colori
d'una piazza ch'è più d'un paesaggio,
d'anime pensierose e loro storie,
ognuno coi problemi tutti proprii.
Due Monumenti in nessi della Storia
fra quel Torrione ancora ricoperto,
ora scoperto fino a fondamenta,
serba segreti e ancora dei lamenti
dei contadini vinti per fatica,
con quella porta bassa che conduce
a Camera Lavoro Sindacale.
Si scende dall'entrata un po' sommessa
in quella stanza piena delle storie
delle generazioni sottomesse
dai possidenti ricchi dei Casati
e quella Porta aperta alla Preghiera
del popolo che implora la Patrona,
posta in sommità del Monumento
e sottostanti due orologi in vista,
con i rintocchi d'ogni quarto in ora
giusto i suoni d'ogni tempo al giorno
dall'alba fino al termine di luce,
quando a due ore s'ascolta il silenzio,
nell'ombra della notte ch'è venuta.
E in fondo c'è la Chiesa in altra Piazza
ed un Convento già ch'ho raccontato
di poveri orfanelli per battaglie
vinte o perdute sui campi di guerra
e in mezzo una villetta con i lecci
ove si compravano le braccia
dei mietitori del grano lucano
oppure del raccolto di stagione,
nei campi attorno al borgo nella piana,
d'ulivi e mandorleti o di vigneti
da fossa premurgiana fino al mare.
Una fontana in basso bene in vista,
per dissetare terra sitibonda
e due baracche fisse ora scomparse
per soddisfare gola dei bambini.
Da quella casa rossa dal balcone
s'udiva del politico il sermone.
Lorenzo 9.7.23
Il centro d'un quadrivio conosciuto,
il primo porta al centro del paese
ma qui è ben nascosto a nostra vista,
lungo una strada con la merceria
che un tempo riforniva gli artigiani
di ago e filo ed altro per ricamo
ed essa porta al cuore d'abitato,
verso la porta detta baresana
confine delle Piazze principali,
la prima raccontata per la storia
e l'altra con profumi di leccornie
per due baracche esistenti un tempo
bon bon e caramelle mandorlate,
fatte sul luogo d'abili dell'arte,
centro vitale della Settimana,
l'ultima di Passione del Signore.
Nella piazzetta nostra ben pittata
dal Nostro Gran Maestro d'altri tempi,
seguendo con lo sguardo su a sinistra,
la strada già mi porta a Chiesa Grande,
con il Plancheto e la Gran Facciata
e chianche modellate a pavimento
ed una Guglia e Statua di Maria.
A destra, invece, verso Via San Rocco,
vicoli stretti portano ad un forno,
con Chiese e Monastero di gran fama,
Suore Benedettine con Badessa,
ove s'innesta verso un'altra piazza,
incontro strade larghe del mio borgo
e siamo già per ora fuori porta,
in trittico di strade già percorse,
verso la Chiesa posta lì ad un miglio,
e Via che porta mesta al Camposanto
e camminando a manca lungo il muro,
s'apre la lama secca d'un torrente
e Scuola della prima giovinezza,
nel luogo che ha lasciato il borgo antico,
mentre ritorno a Piazza qui dipinta,
s'affaccia il fabbricato con le grate.
Una piazzetta bella ed attrezzata
di piccoli negozi conosciuti,
da me già visitati in anni scorsi,
quando s'andava in bottega giusta,
per fare il buon ragù domenicale
ed anche le patate con l'agnello.
Tornano in mente i luoghi tanto amati
e per memoria mai dimenticati.
Lorenzo 8.7.23
“Il padrone di casa mi aveva avvertito che sarei stato spesso disturbato dal rumore del trappeto,
il frantoio che era sotto alle mie stanze;
ci si entrava dall’orto, per una porticina di fianco agli scalini che portavano in casa.
Avrebbe lavorato anche di notte, il trappeto, mi aveva detto.
Quando girava la vecchia mola di pietra, trascinata in tondo da un asino bendato,
a casa tremava, e un rombo continuo saliva dal pavimento”
Carlo Levi, Cristo si è fermato a Eboli, pag. 185,
Einaudi Editore, Torino, 2014.
Trappeto d'una volta abbandonato
alla funzione propria che s'addice
ambiente di lavoro e di soggiorno
con tutto il necessario per il fare
cucina ed anche stalla e dormitorio
con muli che faccendano la ruota
oppure l'asinello che bendato
gira intorno a vasca per olive
le macine per divenir poltiglia
ambienti vivi per sei mesi l'anno
ottobre continuava fino a Pasqua
e pasta pronta rimessa in saccoccia
di fiscoli di giunchi del funaio
e sovrapposti in fila sopra il torchio
pressati da tre uomini forzuti
tecnica antica tutta fatta a mano,
ora invece c'è la tecnologia.
Pressati, acqua ed olio posti in tini
legno o pozzetti cavi nella roccia
e l'olio salta su e separato
dall'acqua nei barili per trasposto.
Nel cinquecento trappeti nel borgo
circa trecento, uno anche adesso
trappeto del Capitolo contrada
nei pressi del poligono esistente,
notansi ancora adesso resti in pietra
macine con cisterne e torchi antichi,
due finestrelle appena luce ed aria
ambienti di lavoro, una pescara
una chiesetta e campanile a vela
adesso invece luogo per eventi
imprenditore fiuta buoni venti
Lorenzo 6.7.23
Piazza Grande
La chìàzza grànne
La piazza grande
Piazza grande, bianca di luce e case,
intorno c'è la Chiesa ed un portone,
sono cent'anni, era orfanotrofio
degli orfanelli della grande guerra,
v'era mia madre giovane fanciulla,
finquando strale le lanciò Cupido,
lorquando la colpì l'amato sposo
e mutuando fuori campo il tempo,
progenie continuò d'esserci ancora.
Un monumento a grande musicista,
del melodramma artefice eccellente,
ora sepolto in cripta in Cattedrale.
ivi traslato in marzo d'anno ottanta,
da Chiesa di laguna Ospedaletto,
situata nel Sestiere di Castello.
Mattoni grigi in ampio marciapiedi
e la circondano alberi di lecci
con folta chioma ed ombra che ripara,
dal sole dell'estate assai cocente.
Piccolo bosco al centro del mio borgo,
dove al vespro si disputano uccelletti,
i primi che si svegliano al mattino,
per svolazzare in campi degli ulivi
e più vicino in fondi d'ortolani,
eppure quando piove sono ombrelli
e i contadini stanno ad aspettare
una promessa di fatica ai campi
dal comprator di ricco possidente,
per il lavoro di braccianti ad ore.
Al vespro dell'autunno per raccolta
alla distesa d'uliveti pieni
ed in estate per la mietitura
di grano di Lucania o Tavoliere.
Son uomini avviliti, spesso smunti,
in bocca un'alfa, una sigaretta
già preparata con cartina presa
nella bottega dei tabacchi e sale.
Stazionano sul prato di mattoni
in gruppi di preghiere o di lamenti
per cielo che non piove o cade male,
nel tempo che non serve alla campagna.
Ora non più i tempi dell'attesa,
per compagnia un telefonino
che squilla e chiama per miglior fortuna.
In quella piazza grande c'era un tempo,
nei giorni della festa ai nostri Santi,
un lunapark prendeva quello spazio
con macchine da scontro e baracconi
di tiro a segno un colpo ad un pacchetto
di wafer al cioccolato già gustato.
Di fronte una vetrina e mille cose
bilance bilancini e serrature,
doppiette bene in vista per la caccia,
dentro un vano per fare l'esperienza,
ed imparare l'arte del ricamo
e di cucito a giovani fanciulle
con quell'aggeggio, dopo vi racconto.
Faccio memoria di tutti gli eventi,
nostalgica visione del passato
e le vendemmie fatte alle matine
col mosto per novello a San Martino.
Mi piace ricordare il tempo andato,
il mese di novembre d'Ognissanti
i fiori e i lumi in tutti i Camposanti
ed il Cammino in Luce al Cimitero,
lungo i viali dei tumuli d'estinti,
il tempo dell'Avvento, grande evento,
l'attesa del Bambino nella Grotta,
con le vigilie fatte di digiuni,
lampade accese sui balconi in strade
e a preparar presepi nelle case,
profumi di trappeti e cartellate
e a ritemprar pensiero in esercizio,
seduto a meditar testimonianze,
per Respiro del Tempo, la Poesia.
Oh, cara Piazza Grande del mio borgo,
ricordo l'esercizio ruvestino
e il magazzino di tessuti, estinto,
più in là, nel giardinetto a pochi passi,
grande negozio, un segno di famiglia,
mobili che non scordo dello zio.
E questo il tempo che mi sta più a cuore,
la casa ancor presente del mio Amore,
con la Vetrina d'una Ditta Antica
Premiata e Brevettata, Caro Nonno
Macchine da Cucire e Ricamare
Armi Pesi e Misure sopra scritto.
Artefice d'Ingegno ritornato
in vita oltre la morte, grande esempio,
Epifania d'anno trentadue.
Macchine da cucire è vera storia,
scritture che raccontano memoria.
Lorenzo 1.7.23
Parco dell'alta murgia verdeggiante
cumuli nembi bassi in altopiano
una casetta in mezzo diroccata
rifugio dei pastori in transumanza
che un tempo tansitavano nei pressi
per i tratturi posti sulla via
è lì che s'è perduta pecorella
ed avido passante s'è appropriato
portandola in cortile di dimora
pecora alla rizzola trasformata
nella pignatta mista ad erbe fresche
e con aromi noti a chi s'intende
siamo ai confini di terra lucana
si vedono colline all'orizzonte
fin dove arriva sguardo dei presenti
di là d'immaginario un altro mondo
colline di calanchi per quei borghi
ora disabitati e strade vuote
un tempo pieni d'anime gentili
ed in quei borghi d'anime viventi
famiglie generose ed ospitali
lavorano nei campi fino a sera
quadro presente e tutto quel che c'era
Lorenzo 25.6.23
S'ode al mattino
chicchirichi del gallo
voce a distesa
in piana degli ulivi
un suono dei ricordi
Lorenzo 24.6.23
Angolo conosciuto del mio borgo
un ponte con tre archi sul torrente
che viene dalla murgia d'alto colle
uno spaccato della vita d'avi
un traino con il mulo sopra il varco
contadini che tornano dai campi
dopo il raccolto fatto in tempo giusto
forse portano olive dell'autunno
oppure mandorle nella piena estate
la scalinata porta ad una scuola
si cimentano ingegni del futuro
son curvi in questi giorni di scrittura
prove d'esami della maturità
siamo al secondo giorno degli scritti
e nella lama sempre secca ormai
in fila ortaggi posti nel fossato
da un agricoltore fortunato
Lorenzo 22.6.23
Invoco il nome tuo come Madre
sentisti il primo pianto in quella via
e si diceva allora nel dialetto
sotto la luce elettrica quel posto
la via dei natali dell'Eroe,
nei pressi del fossato della lama
un corso sempre secco e sitibondo,
con erbe rinsecchite con vigneti
che agresti produttori di quel luogo
provvedono a fruttare in quelle zolle
e Porta Maia lì a cento passi.
Ricordi dell'infanzia ora lontana,
eri la sarta fine del quartiere
eppure d'altre strade del mio borgo
ed aiutavi pure a fare il pane.
Eri legata in vincoli d'amica
con mia sorella grande e con Maria,
trittico di germane assai fedeli
ed io ricordo il detto che dicevi
quando s'avvicinava il giusto prezzo
di vesti che fruivi per la festa
alle madame pronte a tirar prezzo
finquando l'ammansivi a ricompensa.
Ora i tuoi figli piangono il distacco
ma hai lasciato loro un grande segno
è quello dell'amore e fratellanza
la giusta eredità con la creanza.
Riposo eterno ora è tuo guadagno
accanto della vita tuo compagno.
Lorenzo 15.6.23
Nonno Emmanuele
Vittorio Veneto 26.9.1917
Un campo come un altro lì sul Carso
lontano dal suo campo con gli ulivi
insieme ad altri militi caduti
chiamati al dover sacro per la Patria
il padre di mia madre ivi riposa
nel camposanto al centro dell'entrata
in un Sacrario sembra monumento
per fanti ed ufficiali morti in guerra
quadrivio dei viali del dolore
i ceri accesi e crisantemi bianchi
riposti lì dai figli di lor figli
per tramandare al mondo la memoria
non sono morti invano per la Patria
soccombere per Lei riporta in vita
il senso del decreto in epitaffio
corre il tempo di tre generazioni
ivi traslato il quattro di quel giugno
cent'anni nel Sacrario al Camposanto
spoglie mortali avvolti da Bandiera
va la tradotta da monti a marina
per dignità di Patria al dì natale
il quattro Giugno dell'anno ventitre
parlo del novecento ormai passato
memoria imperitura al caro nonno
Emmanuele sulla pietra effigie
memoria eterna per sacre elegie
Lorenzo 4.6.23
E' sempre verde
la macchia nella lama
per tutto il tempo
Nella natura non contaminata
freschi profumi della primavera
aria pulita in tela verdeggiante
e cinguettio d'uccelli di passaggio
sentieri che conducono alla villa
nel bel vedere offerto dalla lama
selvatiche presenze nella selva
domestico cervone e serpe biacco
verde è la macchia nel suo divenire
grotte scavate dal tempo remoto
oppur dall'uomo ingegno nel suo moto
Lorenzo 26.5.23
"Solo nella tradizione è il mio amore”
Da Poesia in forma di rosa
(Pier Paolo Pasolini)
Mi prende amore per la tradizione
un detto d'un poeta d'altri tempi
ulivi nella piana verdeggianti
antichi tronchi e giovani virgulti
fino a quando non passano i briganti
facendo scempio a piante secolari
o per vendetta o per vil denaro
chiome d'argento poste a semicerchio
lingue di rossa terra tra muretti
di pietre che raccontano la storia
dei secoli trascorsi tra gli armenti
di transumanze in passi lenti e stanchi
sui sentieri battuti e calpestati
feriti da insensibili stranieri
pur se l'agreste cura il suo podere
buio è il giardino caduto in oblio
mentre il gallo intuisce il far del giorno
chiamando ad operarsi nei poderi
per l'opra adatta al tempo d'ogni mese
fra filari dipinti dal pittore
alberi d'ogni specie in ogni dove
fra macchie e fili d'erba e cicoriette
fresche al palato e miste alle favette
Lorenzo 25.5.23
Cicli vitali d'alberi d'ulivo
e ne consegue l'arte per potare
lo fa in inverno il saggio contadino
ma varia in conseguenza della pianta
per il nostro conosce agricoltore
esiste della pianta ciò che conta
regola di cinque in lingua regale
i rami morti e privi delle foglie
deboli e secchi rami da potare
estremità ingiallite ed appassite
oppur toccati in vili parassiti
rami spezzati a seguito di urti
polloni e succhioni detti mignoni
che succhiano la linfa da rubare
ai rami buoni a dare buoni frutti
periodo giusto dopo quest'elenco
il contadino sceglie il ramo stanco
Lorenzo 3.5.23
Tenàje a requéste.
Tenere in serbo, per eventuale necessità.
Riferito a cosa, il detto vuol dire
conservare per servirsene all'occorrenza.
Riferito a persona,
il detto vuol dire
tenere qualcuno
di riserva o per rimpiazzo.
E' un detto del mio borgo d'altri tempi
di saggi contadini adesso estinti
quando al lavoro dalla notte a sera
s'andava per i campi con il mulo
altro compagno del duro travaglio
che si curava come una persona
per conservare i frutti del raccolto
servirsene nel tempo in divenire
come ad esempio un tino pieno d'olio
centellinato al desco di famiglia
sa la massaia come si conserva
l'olio d'oliva in tino o in lattine
per ora lascia i frutti a maturare
sono in embrione ed in vegetazione
saranno pronti al tempo d'Ognissanti
quando maturi saranno raccolti
da squadre di braccianti alla distesa
di piana degli ulivi del mio borgo
indi portati in sacchi ben rinchiusi
trappeti aperti e macine in funzione
ciclo continuo adesso era moderna
e l'oro d'uliveti si conserva
tenuto a casa in anno per riserva
Lorenzo 25.4.23
Torrione ottagonale
della città difesa
in alto a manca
uscita a porticella
terrapieno elevato
s'affaccia sulla lama
baluardo del paese
lancio di pece calda
parabola di sassi
pietre a zoccolo messe
quando furon rimosse
Lorenzo 23.4.23
Un viale un po' sconnesso l'ho provato
conduce ad una grotta sulla murgia
dove m'ispira il respiro del tempo
che fa poesia in flussi di pensieri
e lì s'acquieta dell'uomo la mente
dove si placa l'ansia nella notte
e porta via nebbie della vita
mentre a orizzonte s'intravede l'onda
della tempesta che s'avventa in ore
della giornata prossima ventura
e quel tratturo strada degli armenti
nell'ora che conduce sulle alture
o di ritorno prima dell'avvento
nel vento della lama ch'attraversa
Lorenzo 21.4.23
Due limoni
un po' di polipetti
e tanti ricci
ricordo di marina
un gusto sopraffino
Lorenzo 20 4.23
Le margherite
sui prati della murgia
quieto respiro
in salubre percorso
di libertà la via
Lorenzo 18.4.23
Parlano pietre di chiesa campestre
lapidi affisse su pareti bianche
documenti d'un tempo lì scolpiti
da testimoni che lasciano il segno
parlano della storia del mio borgo
vita vissuta in epoca remota
d'antica strada di traffici e commerci
immersa tra gli ulivi secolari
cupola a trullo lastricata a lastre
prese dal luogo stesso del contesto
difronte cappellette dei misteri
e ne rimane una del Calvario
alla controra s'ode il Crocifisso
suonano le campane in tempo fisso
Lorenzo 17.4.23
Selvaggio frutto
scovato in un viaggio
simili bacche
alle drupe d'ulivo
in mezzo alla natura
Di una terra
tra pietre con arbusti
maturo seme
sono raccolti d'uomo
in agro levantino
Lorenzo 15.4.23
Schizzi d'inchiostro nero
su carta patinata
quando ritorna al mare
il Nostro cittadino
al porto al borgo sacro
riprende angoli noti
poi in parte libera
del foglio gìà schizzato
scrive l'annotazioni
su cielo vento sole
e sui colori in uso
al suo ritorno in patria
fra brume d'adozione
vengono fuori i quadri
già ritrasmessi al mondo
di casa in angolino
dipinge in tavolino
Lorenzo 14.4.23
"Nessuna storia ha efficacia o
"durerà a lungo se non sentiamo
"noi stessi che è vera, e che è vera
"nei nostri riguardi".
(John Steinbeck)
In piana degli ulivi
refrain di lunga vita
incanto di visione
mi stringe solo il cuore
a riveder quei luoghi
di vita tanto amata
giammai dimenticata
seduto sul viadotto
d'eccelse conoscenze
pareti paralleli
di pietre poste in luogo
dagli antenati nostri
raccontano la storia
d'antiche transumanze
d'armenti provenienti
dall'appennino attiguo
riposano i pastori
su pietre già segnate
dal tempo fuggon via
per prendere il cammino
per borghi degli ulivi
i pranzi di Pasquetta
in giorno della festa
dopo Risurrezione
festanti comitive
un rito che rivive
Lorenzo 12.4.23