Vèje giùste come a u arlòcie de la chiàzze.
Va giusto (preciso) come l'orologio della piazza.
Espressione paradossale che si utilizza per indicare
una persona (o una azione) perfettamente errata,
poco precisa, inaffidabile.
Si riferisce alla proverbiale imprecisione dell'orologio
sistemato sulla parte alta del transetto della Cattedrale.
(Oggi non esiste più).
C'era un volta nel Centro Vitale,
la Cattedrale, il mondo della vita,
e tutto si svolgeva nel dintorno,
economia, sociale e funzionale,
il simbolo di Storia d'antenati,
le feste in piazza e voce della gente,
le chianche in pietra, indove mercanzie
in un intreccio di categorie,
mischiavano la Fede di quel luogo,
col Monumento eccelso lì presente
una platea in pubblico dominio,
Piazza o Platea un nesso nell'idea.
Il fronte sud di nostra Chiesa Madre,
per dirla in breve il lato della Guglia,
con sei arcate un tempo d'ammirare
con le sporgenze del Transetto a Croce
e piccole d'interno la memoria
d'Altari di Famiglie Gentilizie.
Oltre il Transetto un tempo due campane
di campanile a vela sovrastante
un orologio secondo scrittura,
dettato da quel verbo soprascritto,
ora non più presente alla visione,
mentre s'evince immagine da Storia
che per fortuna è giunta alla memoria,
per nostra conoscenza e devozione.
Serbatene lettori il suo ricordo,
assieme a quelle panche ora sparite
da quella piazza, il Cuore del paese,
testimonianza della nostra gente.
E sta in memoria il plancheto detto
le lastre del selciato levigato,
due son l'entrate in sorta di Sagrato,
quasi un recinto al limite di Chiesa
nel 'novecentocinque demolita,
per dare largo spazio a Cattedrale.
Misericordia detta, una piazzetta
difronte il Purgatorio, la Chiesetta.
Lorenzo 29.12.22
Nessun commento:
Posta un commento