giovedì 3 luglio 2014

Scrivo perché ho bisogno di parlarti

Fotografia © Adolfo Valente

Non mi è concesso altra possibilità o modo di parlarti se non questa di scriverti, anche se probabilmente non leggerai…

Sono anni ormai che hai recluso il tuo cuore in una fortezza innalzata da un muro irto e invalicabile di silenzio e rifiuto. Credi di aver recintato la tua anima in un luogo sicuro, protetto e inaccessibile da ciò che ritieni, ingiustamente, nocivo, senza riflettere che le mura spesse, di cui ti sei circondato, non rappresentano un bellissimo castello ma solo una grigia prigionia. Quante grate ti annebbiano la vista del sole! E quante volte, immagino, ti sei aggrappato a esse pur di non varcare la soglia della tua negazione, pur di sostenere il tuo credo, così testardo, sordo, muto e cieco!

E’ appena il caso di ricordarti che la vita non è facile, si sa, non lo è per nessuno, ed è più breve di quanto immaginiamo; ci trae in inganno, illudendoci di avere tempo, di poter rimandare a domani ciò che dovremmo compiere oggi. Il presente, purtroppo, si trasforma in passato molto velocemente, poi non  resta altro tra le mani che lo sgomento e il rimpianto! Trovo alquanto inutile, quindi, soffermarmi su una lezione che l’esperienza e la maturità avrebbero dovuto già insegnare…

Ti esorto a vivere, a spezzare le insostenibili catene della tua buia cella. Incedi finalmente verso il cielo, guardalo e oltre le nubi scorgerai l’azzurro. Abbandona il tuo orgoglio, sii umile e comprensivo, dimentica ciò che non potrai mai cambiare. Comincia a credere nelle persone, soprattutto in quelle che ti amano, nonostante la nebbia degli anni ha offuscato la loro immagine. Sarai libero e sereno, troverai la pace che tanto cerchi.

Ti regalerai l’Amore e ne riceverai, dolce stupore, balsamo guaritore, oblio eterno di antiche ferite.

Anch’io, sai, porto nel cuore solchi profondi, sanguinano di notte più del giorno, eppur attendo il passo e il palpito a me caro più della vita e di quel che ne resta.

Sono un’ombra sottile fra la pioggia fine e incessante che non s’arresta dinanzi al lampo, sosta talvolta a volgersi per scorgere il miracolo. Puoi vedermi, se vuoi, e raggiungermi prima che m’allontani nel bosco dell’umano nulla.

Sii felice tesoro mio, scegli l’alba ancor prima del tramonto.

Con infinito amore

© Gelsomina Shayra Smaldone

 

 

 

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