Famme pòvre ca te fazzeche ricche:
rendimi povero (di rami) ed io ti faccio ricco,
detto di una buona potatura.
Sembra un colloquio muto dentro il campo
tra l'albero d'ulivo e il suo mentore
come Odisseo affida il figlio suo,
così l'agricoltore cura chioma.
Primo a parlare è il tronco già privato,
che delle drupe ha donato l'olio.
Siamo a gennaio dopo feste andate,
fammi povero ma diventi ricco,
a questo invito il bravo potatore
comincia spoliazione di quei rami
dopo il riposo ch'è vegetativo,
senza tensioni inutili all'ulivo
e qui s'adatta fase sopraffina,
le forbici e gran senso di rispetto
come il barbiere fa nel suo salone,
con i capelli d'uomo lì seduto,
carezza di velluto necessaria,
come ai capelli ricci d'un infante,
nei primi anni togliere i polloni
dai piedi ben piantati nel terreno
e rami secchi inerti su quel tronco.
La formazione e poi mantenimento,
quindi, la potatura per produrre
mirata, dunque, a togliere quei rami
malati o difettosi nella chioma,
con luce ai rami d'esserci nel folto
di fronde verdeggianti dell'ulivo
ed evitare, quindi, l'alternanza
fertile annata verso quella magra,
dall'alto in basso il corso della chioma.
Netto e deciso il taglio di quei rami
come il chirurgo sa curare attrezzo,
il bisturi che taglia cute d'uomo,
qualche minuto in più per preparare
bene gli attrezzi atti ad operare,
lavoro certosino e tagli giusti
e se vi gusta, questo è il segno giusto,
di quell'ulivo per un olio a gusto.
Lorenzo 9.1.23
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