Zizì: Mio zio.
Quanne jè tìmbe de zàppe e pìute,
nè amìce nè nepìute,
quànne jè tìmbe de venemà
zizì da dòue zizì da ddà.
Quando è tempo di zappare e potare,
nè amici nè nipoti,
quando è tempo di vendemmiare
zio di qua zio di là.
Ora è tempo di potare e zappare,
è l'ora del riposo ai nostri ulivi
prima della ripresa vegetale,
per cui lo zio invita i suoi nipoti,
nei campi per ausilio a disbrigare
le regole del tempo dell'inverno,
dopo che a dicembre han dato i frutti
per l'olio benedetto dell'annata.
Dall'orecchio non sentono ragione,
non è per noi mestiere da sbrigare,
comporta assai fatica con il freddo
che incombe alla mattina di gennaio,
come quel padre invita il suo Colino
l'erede a cui spetta il suo podere,
zappa Nicola mio, non indugiare,
rimuginando, il Nostro, tra i suoi denti
nicchia il comando, fuggendo l'incombenza,
anche per potatura che prevede
lasciar chioma leggera che permetta,
ad aria e sole di attraversarla.
Lavoro che comporta gran fatica,
è meglio la vendemmia nell'autunno
quando il caldo giusto ti consente,
d'essere allegri in dolce comitiva,
lì dove c'è lavoro a giovinette,
tengono compagnia all'imbrunire.
Ordunque, lo zio di qua, lo zio di là,
io voglio lavorare alle matine,
fin dalle prime ore mattutine.
Lorenzo 29.1.23
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