Mi s'apre il cuore quando leggo il nome
dell'antico trappeto sulla via
della marina nostra amica mia,
ambienti da rettangoli formati
le volte a botte ed asini a girare
le mole delle vasche con le bende,
un tetto a chiancarelle a copertura,
lamine in pietra dura sembra selce,
interno di museo d'altri tempi
macine, torni e tini, un focolare,
il regno dell'attiva vivandiera
che preparava il pasto agli operai,
si davano a scambiarsi la fatica
tre volte in ventiquattro di giornata
o forse due in tempo sindacato.
Ricordo vivandiera del trappeto
a fianco di stazione del ridotto,
lo scartamento della ciclatera,
erano i tempi primi al secondario
e la gran madre era vivandiera,
legumi cucinati al focolare,
fagioli o ceci ed acqua al primo sale,
unico piatto e ricca colazione
con olio fuoriuscito dalla pressa,
e pane la schanata, tre fettine,
del forno di Colino fatto a mano,
zuppa di pane intriso di quell'acqua
profumi di quell'olio appena nato
e sento ancora odori di quel luogo.
Ma è tempo di tornare alla marina
a proprietà di nobile casato,
d'alte mura protetto e custodito,
d'intrecci di famiglie e di progenie,
economia d'un tempo trapassato
ed era pieno il luogo di strutture,
fondante conduzione e di risorse.
Sta risorgendo d'antico splendore
grazie al lavoro d'un restauratore.
Lorenzo 16.1.23
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