martedì 18 settembre 2012

I silenzi del cuore

Grafica di © Runa

 

Scrive respiri nostalgici
e battiti lenti
il tramonto,
cresta dei miei orizzonti.
S’adagia afono
su piccole onde straziate
da indolenti parole.
Grondano sangue
i fogli sparsi al vento
trafitti dalla solitudine.
Dileguato ormai il sogno
tento d’afferar l’anima,
impenetrabile essenza
mio precipizio
senza fine

 

© Gelsomina Shayra Smaldone


La motivazione di mettere in evidenza il brano selezionato:
In ognuno di noi è nascosta una voce segreta, una voce che sussurra ogni giorno, molto spesso l'ascoltiamo con rispetto, quasi ci vergogniamo di raccontare agli altri quello che questa voce ci trasmette, perché essa ci parla di solitudine, di quell'avara realtà di promesse e gioie, tanto presenti nell'innocenza del nostro cammino di vita.
Il tempo dell'infanzia per molti di noi è lontano, come una stella che brilla nell'oscurità della notte, eppur conserviamo intatta quella voglia di donarci al prossimo, quel bisogno d'affetto che ci lega allo scorrere degli anni.
In questa poesia di malinconica sincerità e purezza, la nostra bravissima redattrice, Shayra, riesce a trasmetterci molte emozioni, palpiti di vita da condividere con chi, seppur lontano, sente le stesse sensazioni, e non sono pochi al giorno d'oggi coloro che ascoltano i silenzi dell'anima, coloro che sgretolano le loro certezze, in un cammino di amarezze e solitudine.
Andando ad analizzare il tessuto visivo di questa struggente poesia veniamo subito rapiti dai primi versi
Scrive respiri nostalgici
e battiti lenti
il tramonto,
cresta dei miei orizzonti.

L'incipit di quest'opera ci trasporta dinanzi ad un tramonto, visto nelle mutevoli espressioni dell'anima. Non è solo un tramonto di luce, ma un tramonto di speranze, che sembrano schiudersi nel grembo maturo di una verità scalza dinanzi al destino del proprio domani. Ecco allora che quella lentezza accarezzata nei versi diventa il fulcro della volontà, un ultimo grido proteso verso il lembo della saggezza, verso le scogliere di un autunno giunto troppo in fretta.
S’adagia afono
su piccole onde straziate
da indolenti parole.

Il proseguo dell'opera esalata il concetto appena espresso, quelle parole indolenti sembrano bruciare sull'orlo di un precipizio, fra onde d'abisso infrante su rive senza fine. La pigrizia di agire diventa elemento d'arresa alla gioia sperata, ed or lontana.
Grondano sangue
i fogli sparsi al vento
trafitti dalla solitudine.

In questa terzina la malinconia della solitudine sembra svuotare le tasche dei sogni, trasportando le certezze dell'oggi nel muto esilio di un sorriso appeso alle finestre della poesia.
Dileguato ormai il sogno
tento d’afferar l’anima,
impenetrabile essenza
mio precipizio
senza fine

Ed ecco la chiusa, avvolge il cuore, straziato da mille promesse e vane parole. Le percezioni della propria identità sembrano catturare ogni sussurro d'orgoglio, racchiuso in quell'anima che la poetessa tenta di catturare, balzando sui suoi passi, prima che il sordo eco della notte si posi nelle vesti del domani. Bravissima Shayra, di sicuro sei riuscita a coinvolgere molti lettori, attraverso questo dipinto artistico che lascia tracce del nostro tempo alle future generazioni, sempre più isolate nella desolante realtà di un futuro senza certezze.
Massimo Verrina

Il falco




Sogno bianche ali d’angeli
saldate al battito del cuore
impavido
Rapita da fervida passione
m’involo nel rosso infuocato
di tramonti a venire
e attendo sul ciglio dei miei pensieri
a mani tese verso l’azzurro
 che mi storni dentro
Intrepida
viro nell’anima tua
e su a cabrare ogni emozione d’infinito
fino a toccare il cielo con le dita
Poi in caduta libera
sulle verdi colline della vita
sfioro in picchiata radente
la traiettoria della nostra folle passione
fino all’alba
stupore dei miei occhi amanti
 
© Gelsomina Shayra Smaldone


POESIA PREMIATA IL 26 SETTEMBRE DALLA REDAZIONE de LA MENTE E IL CUORE, DELLA QUALE MI ONORO DI FARNE PARTE
RECENSIONE A CURA DI LORENZO BACCO

Secondo il mito celtico, il falco è un messaggero tra il nostro mondo e quello degli spiriti ed ha forza, velocità e poteri più significativi rispetto ad altri uccelli. Esso simboleggia lucidità e grande memoria e corrisponde ad un nostro intimo sentire, quello di essere audaci e determinati, anche senza addentrarci in un viaggio sciamanico, Il cammino nel nostro mondo interiore, un mondo, in molti casi, destinato a rimanere inesplorato o al contrario, assecondando la nostra volontà, esserci dentro, per esplorare i tempi difficili in cui viviamo, adattandoli a noi con vista da falco e udito raffinato, per non soccombere. Un falco cosiddetto animale nobile, compresi il falco cacciatore, il falco pellegrino, il falco lodolai, il falco della regina e lo smeriglio, è della specie, un essere superiore a tutti gli altri volatili, sia per la velocità che può raggiungere in volo, sia per la straordinaria rapidità con cui si cala in picchiata con vigorosi battiti delle ali. La metafora del falco cacciatore ben s’addice al pensiero interiore che Shayra ci trasmette nella sua splendida poesia

Sogno bianche ali d’angeli
saldate al battito del cuore


canta la Nostra ad inizio lirica, in versi continui nel suo percorso poetico perché non vuol fermare il suo volo, in apparenza senza soluzione di continuità, ma, a ben vedere, formata da quattro stanze ; e l’incipit la sorprende con le ali legate al cuore innamorato che batte i suoi colpi d’amore, mentre introduce un enjambement

Impavido

termine ultimo della prima strofa, che ben afferma la semantica del mito.

Il cuore è senza timore, né ha paura di errare negli spazi infiniti dell’essere, anzi dell’esserci , perché è un tutt’uno con la persona che ama, mentre s’incammina nel suo andare amoroso, librandosi, nella seconda strofa

Rapita da fervida passione
m’involo nel rosso infuocato
di tramonti a venire


chiosa la Poetessa; e quale colore poteva scegliere se non il rosso della passione, il rosso del sole che tramonta e si immerge nel mare per fare riposare le sue ali, riponendole in un letto di alghe profumate ?

e attendo sul ciglio dei miei pensieri
a mani tese verso l’azzurro

Shayra è attenta, mentre si riposa, proprio come il verso che l’inchioda all’attesa poetica, immobile nel suo pensiero, a mani tese e protese verso l’infinito, aspettando che il falco la prenda sotto le sue ali e la porti via verso gli spazi illimitati dell’io e

che mi storni dentro

dentro fin nell’anima, allontanandola dal pericolo possibile della solitudine Si fa spericolata l’ardita fanciulla, iniziando la terza strofa e

Intrepida

e altrettanto coraggiosa, s’immedesima nel falco divenendo un tutt’uno con chi l’ha rapita all’amore, virando, cambiando direzione come attratta o meglio calamitata, fin nello spirito del volatile

e su a cabrare ogni emozione d’infinito
fino a toccare il cielo con le dita


e il verbo cabrare sta a significare un’acrobazia aerea consistente nell'ergersi in verticale di un velivolo; e Lei ebbra di felicità s’impenna in verticale verso l’infinito, graffiandolo, nella metafora sublime del gioco d’aeroplano, quasi fosse una freccia tricolore e quasi implorando d’essere compagna di vita e di volo nei cieli infiniti e, mentre continua il suo viaggio, volge il suo sguardo all’immanente, dando inizio alla quarta strofa

Poi in caduta libera
sulle verdi colline della vita



Introduce ancora una metafora meravigliosa che toglie ogni dubbio, se mai ce ne fosse qualcuno, immaginando le verdi colline su cui fermarsi a respirare, a pieni polmoni, l’aria rarefatta dell’amore, fino alla nascita del nuovo giorno, sospesa dalle bianche ali, attraversando così

la traiettoria della nostra folle passione
stupore dei miei occhi amanti


Enjambement con un salto di verso, se così si può dire, ad indicare il limitar dell’alba che la trova ancora sostenuta dalle ali dell’amore, incredula di tanta grazia e con occhi colmi del dolce sentimento. Aspettavo, a dire il vero, la tua performance; ed eccola puntuale nella meritata vetrina settimanale.


Complimenti di cuore, Cara Shayra !!
Lorenzo Bacco


giovedì 6 settembre 2012

Analisi sul decadimento umano

C’era una volta l’uomo.
L’uomo e la sua anima nacquero nudi. Arcaico nel suo aspetto dimostrò ben presto capacità organizzative e lampi di genio grazie all’intelligenza di cui era dotato e che crebbe col trascorrere degli anni. Procedeva carponi, ma in seguito si eresse. Per appagare la fame decise di uccidere  solo animali.
 
Conobbe la morale attraverso la necessità di sancire regole atte a stabilire un equilibrio all’interno della comunità. Scoprì la distinzione tra il male e il bene, ammise, poi, di aver usato le mani, il corpo e la mente in azioni riprovevoli e fu così che nacque in lui il senso del pudore. 
 
Decise allora di coprire il corpo. 
 
Prese una pietra, la scheggiò, e ne fece un’arma. Colpì le sue prede senza malvagità, per cibarsi e vestire la propria pelle per difendersi dal freddo e dalla nudità.
 
Assaporò pian piano i piaceri sensoriali fino a tracimare l’esigenza del godimento oltre i confini  stabiliti; infatti molto più tardi la caccia non fu praticata solo per le ordinarie necessità corporali e nutritive, ma divenne oggetto di divertimento, sport autorizzato e scommesse illegali, nei quali i crudeli scempi di numerose e innocenti creature furono motivo di diletto.
 
Le pellicce assunsero un valore diverso, molto prezioso per la moda, indice di eleganza, lusso e in alcuni casi di supponente levatura. 
 
L’uomo, incurante, continuò il cammino di devastazione e distruzione.
 
Trascurò lentamente la cura della sua anima.
 
Numerose esperienze lo indussero ad abbandonare la pietra per iniziare a lavorare e usare i minerali, il cervello stava dirigendo al meglio le sue attitudini. Imparò ad accendere il fuoco, che usò anche per proteggere la sua famiglia dall’attacco delle fiere. Costruì capanne, che nel futuro divennero case, palazzi, grattacieli. Seppe modellare utensili, creare macchine e armi sempre più complesse e offensive, coltelli dalle lame affilate, pistole, fucili, cannoni, esplosivi, armi chimiche, tutte invenzioni sofisticate e letali.
 
Ammirò il volo degli uccelli, tanto da desiderare di imitarli. Abbozzò ali con piume raccolte qua e là, sostituite poi con l’acciaio. Si racconta che il primo volo fu temerario e avventato, ma l’ostinazione e la determinazione lo condussero verso una tecnologia sempre più avanzata e perfetta. Posò per primo il piede sulla luna, allora orgoglio e vanto della razza umana.
 
La precocità dei bambini avanzava a dismisura, divennero piccoli geni con il compiacimento dei genitori e a discapito dei valori fondamentali del reciproco rispetto e onore.
 
Attraverso pochi milioni di anni la fase evolutiva, che l’aveva distinto, definì per sempre il suo destino, dopo aver violato gli stati naturali del globo, dell’atmosfera, della natura in ogni sua espressione, consunse e distrusse patrimoni preziosi e  migliaia di specie animali.
Il raggiungimento del benessere lo annoiò, lo spinse contro l’umanità e oltre. Divenne avido di potere, di piaceri scellerati, corrotto, corruttibile, dissoluto, sordido. Perse tutto, il rispetto per la vita e per la sua persona, nulla ebbe più alcun valore, tra le sue prede incluse se stesso.
 
I grattacieli furono trafitti dagli stessi uccelli d’acciaio che aveva creato quale oggetto del suo piacere e desiderio di scoperta. Uccise i propri figli e si cibò della loro purezza, rubò loro l’ingenuità, il sorriso, il candore, i sogni, la magia di favole antiche. Una sete smisurata di sangue l’aveva conquistato, nonostante le sorgenti fossero ancora prodighe d’acqua pura…
 
L’interesse, il lucro, l’ingordigia, condannarono la natura che, impietosamente decapitata della sua ricchezza, sprofondò nella più temibile e orribile tragedia, la distruzione.
 
Molti riferirono che il suo comportamento fu causato da una distorsione della mente, una follia inquietante, sconfinante, incomprensibile, straripante. Altri affermarono che l’alienazione mentale fu un’ennesima invenzione di coloro che, per svariati motivi, tra cui il lucro, li difese dal giudizio di quei pochi saggi, ormai in via d’estinzione. 
 
L’umanità subì, inesorabilmente, una frattura: la difficoltà da parte di alcuni di trovare le ragioni per custodire, ancora e nonostante tutto, l’Amore e la pietà per coloro che, premeditatamente, avevano deciso di scagliarla per sempre nell’abisso delle loro coscienze e la volontà irrefrenabile di altri nel distruggere un mondo costruito con tanta abnegazione, intelligenza e amore. L’indifferenza apparì all’orizzonte umano come la migliore soluzione per la sopravvivenza.
 
Intanto la solitudine fu l’unica compagna a restargli accanto quando calava il tramonto nel rosso del mare.
 
Sopraggiunse il caos che impedì la distinzione di chi furono realmente le belve nella giungla della vita.
 
L’epilogo non tardò il suo arrivo, mentre le urla di dolore sovrastarono il cielo che, divenuto plumbeo, oscurò anche la fragile giustizia umana e le poche esistenze degne di contemplarla nella maestosa vastità, splendore di un dono divino purtroppo sciupato.
 
La vita, però, avrebbe continuato ad ogni costo a incantare e sorprendere, pur se soltanto un girasole attese la luce dell’alba nuova e il passo di un uomo giusto.